Al discount c’era un sacco di gente indaffarata a caricare scatolame sul nastro della cassa. Era l’ora di punta e tutti avevano fretta. Alcuni perché avevano fame, altri perché avevano altro da fare, altri ancora non si ricordavano esattamente perché avessero fretta. Movimenti fulminei, meccanici, ossessivi, perché bisogna sbrigarsela il prima possibile e far scorrere la fila. Poi è mancata la corrente elettrica, le casse si sono spente con un suono triste da tromba con la sordina e l’aria condizionata ha smesso di soffiare sulle nostre teste. Nessuno poteva più pagare il conto e in breve la coda è diventata un capannello di diverse decine di persone. Le commesse sono uscite di corsa, tutte col telefono all’orecchio, per chiedere soccorso a non si sapeva chi. Il benzinaio, che mi precedeva di un posto, ha manifestato il suo sconforto dicendo “proprio oggi che avevo fretta”. E siamo rimasti tutti ad aspettare. C’è stato allora un mescolarsi di file: quelli che stavano nell’ultima in fondo, guardando dal mio lato, sono venuti a chiacchierare con quelli che aspettavano dalla parte opposta. Abbiamo chiesto informazioni per capire quanto sarebbe durato il black out, ma nessuna sapeva nulla. Allora ho cercato di buttarla sul ridere e ho domandato alla cassiera: “Può almeno dirmi se ce la facciamo prima della scadenza della mia mozzarella?”. Poi: “Può almeno dirmi se quella che ho nelle buste è il mio pranzo, come credevo, o la mia cena?” In breve allo sconcerto è subentrato un clima da sala d”attesa del medico, tutti chiacchieravano del caldo, degli europei di calcio, del brexit, del vestito color acquamarina della biondina dagli occhi verdi, ogni tanto si sentiva esplodere una risata. Nessuno guardava il display del cellulare e sembrava di essere in piazza, in un giorno d’estate degli anni settanta, quando la gente ancora preferiva le chiacchiere alle lacrime in diretta di Barbara D’Urso. Il benzinaio si è appoggiato alla vetrata e ha ammesso che in fondo non era così urgente quello che doveva fare: avrebbe aspettato. Quando la corrente è tornata in un saettare di luci, l’ovazione è stata più contenuta di quel che avessi previsto. Il benzinaio ha estratto lestamente dalla sporta una confezione di pomodorini, ma gli si è aperta tra le mani e i ciliegini sono finiti sparsi in giro nel pavimento, sotto gli scaffali e gli espositori. “Oggi non mi conviene aver fretta”, ha riso senza imprecare. La fila ha ripreso a marciare, ma molto lentamente, perché la gente non voleva interrompere prima del tempo i discorsi avviati nell’attesa. Secondo me al supermercato la luce dovrebbe mancare più spesso. Bastano dieci minuti o un quarto d’ora, ogni tanto, per riscoprire il sano gusto delle chiacchierata. Senza fretta e senza il rischio che al banco frigo si scongelino i sofficini Findus.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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