Ci sono i numeri, e i numeri dovrebbero fare tutti felici. Forse. Ci sono i numeri e i numeri – dal 1975 – ci dicono che la Cina è in crescita. Perché i numeri della modernità condensano lo stato di benessere di un paese, e degli abitanti che vivono in quel paese, attraverso un indicatore che tutti chiamano PIL, Prodotto Interno Lordo.
Il PIL è lo stratagemma per usare velocemente un termometro e saggiare lo stato di salute di chi ha quel termometro sotto il braccio: ci racconta il valore monetario di tutti i beni e servizi prodotti da chi ha il termometro sotto il braccio in un anno; beni e servizi destinati al mercato, e non ai cavoli propri dell’autoconsumo o del dono, ovviamente … Mica siamo primitivi, noi..
Misurata in tal modo, la salute del gigante Cina, appare di ferro: l’economia cinese è cresciuta con una media del 10% tra il 1990 ed il 2004, oltre il 13% gli anni successivi, sorpassando la Germania come terza economia al mondo, con un PIL di 3.380 miliardi di dollari, Ora, nel 2015, si sentono in recessione, i cinesi: crescono solo tra il 4 e il 5%… Invidia… Noi italiani ci sentiamo così in recessione e siamo così moderni che nel PIL ci abbiamo infilato anche puttane e droga, nella speranza, vana, di cresce un po’ di più… Vana, appunto.
Ma la Cina cresce e cresce. Ché la voglia di benessere è cosa giusta, ma spesso non sana né sostenibile. Prima di tutto per i cinesi. Ché il cielo, a Pechino, è anni che non si vede. Ché una coperta di smog avvolge caldamente tutti, grandi e bimbi, aiutando i primi ad aggravare le loro broncopatie e i secondi a crescere asmatici.
Ma, oltre le patologie, che sono ormai come i coriandoli a carnevale, c’è un disastro che colpisce l’animo e le possibilità espressive dell’animo delle nuove generazioni cinesi. Migliaia e migliaia di persone che non hanno mai visto le stelle, la luna, il sole. Non ne hanno goduto il calore diretto né la luce lontana. Non hanno né avranno mai la possibilità di sedersi notte, alzare il naso al cielo e pensare – anche lontanamente pensare e sentire – come Leopardi, come Mo Yan ne Il “Sorgo rosso”, o come un comunissimo uno di noi, e annusare il cielo, al buio.
Non ci saranno le possibilità concrete di muovere l’animo umano in una chiacchierata diretta con la Luna: “Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, Silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai”… Non ci saranno più le possibilità né pensarla, la Luna, né di sentire la musica silenziosa, delle stelle.
E nessun tasso di crescita positivo, nessun bene in più – che sia un ipad, un televisore, una macchina, un jeans griffato à la Occidentale.. – potrà mai lontanamente sostituire la luce della luna negli occhi di uomo e di una donna, la luce delle stelle e tutto ciò che la natura ci dona senza necessità di mercato.
E nulla valgono i falsi palliativi di sceneggiare in strada la Natura, posizionando pannelli che la riproducono, tristemente, in mezzo a nubi di smog. Avrebbe più successo un moderno imprenditore leopardiano, che prendesse alla lettera il “Forse s’avess’io l’ale, Da volar su le nubi, E noverar le stelle ad una ad una…”
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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