Un incendio in queste ore sta interessando il Piemonte. Da cinque giorni e cinque notti il fuoco sta devastando le colline attorno alla città di Torino, con un fronte di ben cinque chilometri. La situazione è aggravata da altri incendi che contemporaneamente sono scoppiati oltre che in Val di Susa anche in altre località delle Prealpi. La situazione è drammatica: tra le altre cose un reparto con 20 vigili del fuoco è rimasto intrappolato tutta la notte nel bosco circondato dalle fiamme, e solo per miracolo si sono salvati. Anche la Svizzera è stata interessata da gravi incendi in questi ultimi giorni, e hanno palesato notevoli difficoltà nel contenere la furia del fuoco spinto dal vento forte di questi giorni. E’ stata una stagione drammatica sul fronte degli incendi in tutto il mondo. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno epocale, cambiamenti climatici che hanno provocato almeno il quarto anno consecutivo di siccità. Incendi devastanti, con decine di morti, andati avanti per diversi giorni e diverse notti, delle vere e proprie apocalisse che hanno interessato paesi come la California, alcune zone predesertiche dell’Australia, il Sud dell’Europa, i paesi del Mediterraneo, il Medio Oriente. Restando all’Europa, per la prima volta questo fenomeno è stato trasportato dalla siccità in luoghi prima interessati in misura minore, per cui si sono avuti incendi devastanti anche sulle Alpi e persino nelle Isole Britanniche e nei paesi scandinavi. Consultando il sito europeo Effis, che consente di avere un quadro completo della situazione in Europa, la stagione appare in tutta la sua drammaticità. http://effis.jrc.ec.europa.eu/…/effis_cur…/public/index.html La media degli incendi di quest’anno è 6 – 7 volte superiore alla media degli ultimi 8 anni. In un solo anno è bruciata molta più superficie che negli ultimi 5 anni. Per non parlare dei morti, che si contano a decine, specie in Portogallo, e degli sfollati, delle foreste ridotte in cenere, dell’aria irrespirabile per giorni. Incendi che l’autunno pare non avere ancora fermato. Nella carta dei fattori predisponenti di rischio, la Sardegna, in quanto paese dal clima secco mediterraneo, mostra il colore più intenso, come il sud della penisola iberica e della penisola balcanica. Le altre zone, la penisola italica, il sud della Francia, le Alpi, le pianure europee, sfumano gradatamente con colori meno scuri, meno “rischiosi” In Sardegna l’incendio viene considerato, perciò, un fenomeno “endemico”. Dietro questa parola si nasconde una sorta di marchio, di stigma che unisce, come costante storica di una visione impietosa, la geografia aspra e difficile con la componente umana, come una sorta di unico amalgama che produce un vizio inestricabile. Terra aspra e inospitale, uomini duri e selvaggi. Ecco allora che, anche dagli stessi sardi, parte l’accusa, la fustigazione spietata e inesorabile sui sardi che non amano la propria terra, e la incendiano per odio, per vendetta, o per chissà quali interessi. Parte così la retorica, tanto amata dai mass-media, dai politici e dal popolo dei complotti, sull’industria del fuoco, sugli interessi inconfessabili, sulle speculazioni di varia natura, e su altre sciocchezze sulla quale è meglio tacere. Una retorica ipercritica che è tipicamente italiana, anche se fatta soprattutto da sardi, che traduce tutto in una sorta di melassa antistorica e illogica, e che in Italia trova nella “mafia” la spiegazione a tutte le disgrazie e ai fenomeni negativi, e in Sardegna si disperde nella retorica degli interessi e dei complotti o dei sardi incendiari. Quest’anno disgraziato, tuttavia, ha mostrato un fenomeno che contraddice decisamente lo stereotipo di incendiari che noi sardi stessi ci siamo dati. Nel momento in cui le condizioni climatiche predisponenti i fattori di rischio, con la siccità, si sono spostate anche fuori dalla Sardegna, incendi inarrestabili hanno devastato quelle zone. Nessun mezzo gaudio. Lo dico con molta tristezza e con la morte nel cuore: In Italia e in Europa vi sono stati incendi ben più devastanti e tragici di quelli accorsi quest’anno in Sardegna. Incendi con fronti delle fiamme chilometrici, andati avanti per giorni e per notti senza sosta, nella confusione più totale, con evacuazioni bibliche, con code disperate di gente in fuga. Roba di cui, tutto sommato, si parla poco, perché ci si abitua a tutto. Ci abitueremo ai morti degli incendi, se vogliamo legati allo stile di vita industriale e consumistico che stravolge il clima, come quelli per incidenti stradali, a migliaia, come un effetto collaterale inevitabile della modernità. Tra gli operatori dell’antincendio, quest’anno, in Sardegna, si sapeva di andare incontro ad una sicura sconfitta. Lo si sapeva perché di fronte alla forza della natura impegno e tecnologia possono solo limitare i danni. E contro una siccità del genere la forza della natura diventa mostruosa. Si sapeva di perdere ma si sperava in una sconfitta almeno dignitosa. E’ andata così, in Sardegna. Anzi, nel paradosso, la Sardegna, una delle Regioni più a rischio di incendi d’Europa, ha mostrato una resistenza al fenomeno notevole. Al punto che è risultata, nonostante i tagli e l’invecchiamento dell’apparato antincendio, forse in assoluto la regione maggiormente efficiente, ovvero con un minore rapporto tra incendi innescati e superficie bruciata. Ogni anno in Sardegna si spengono dai 3000 ai 4000 mila incendi, ma solo pochissimi superano i 2 – 3 ettari. Chi lavora nell’antincendio lo sa bene che in Sardegna gli incendi si sanno spegnere, ma naturalmente non è cosa di cui vantarsi troppo, un po’ per inveterato complesso di inferiorità, un po’ per scaramanzia. Nel sud della Francia, in Corsica, nel Nord Italia, in Spagna, in Portogallo, l’apparato antincendio, invece, è collassato inesorabilmente in tante tragiche occasioni. I prossimi giorni una squadra di una ventina di tecnici forestali svizzeri saranno in Sardegna per studiare il modello antincendio sardo, consapevoli che i cambiamenti climatici stanno spostando, con la siccità, il fenomeno anche nelle loro valli. Noi naturalmente non gli diremo che il nostro efficiente modello, che si basa, a differenza di altri, sulla dislocazione territoriale, sull’impiego di risorse umane che conoscono il territorio, sulla tempestività dell’intervento e sul coordinamento centralizzato, è in via di invecchiamento, per non dire di smantellamento, che non ci sono più soldi. Ogni anno una vedetta va in pensione e non viene rimpiazzata, una squadra di Forestas si arrende all’età, la pattuglia del Corpo Forestale ha sempre più ettari di giurisdizione da controllare, che non ci sono assunzioni da dieci anni. Altro che industria del fuoco. Chissà. In futuro diremo, con la tipica sudditanza psicologica del povero che guarda il ricco, “che bravi che sono questi svizzeri nel gestire le emergenze antincendio, altro che noi sardi”.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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