«Cinque anni di reclusione per perculato: è la condanna chiesta dal pm Marco Cocco nei confronti dell’ex consigliere regionale ed ex sindaco di Porto Torres Beniamino Scarpa»
Così la Nuova Sardegna del 4 maggio, in una sorta di lapsus freudiano.
Non ne esce bene Beniamino Scarpa da questa vicenda. Non ne esce bene soprattutto per il balletto di giustificazioni e testimonianze, che ha portato a difesa di un comportamento che, è ormai assodato, era la prassi seguita da diversi consiglieri regionali presi in castagna nelle penultime due legislature.
L’inchiesta era stata avviata nell’autunno del 2009, quando ben diciannove consiglieri erano stati oggetto di avviso di garanzia con l’ipotesi accusatoria di peculato, commesso , sempre secondo il PM di Cagliari Marco Cocco, negli anni tra il 2004 e il 2009.
I consiglieri destinatari del provvedimento erano, insieme a Beniamino Scarpa, Silvestro Ladu, Giommaria Uggias, Tore Amadu, Oscar Cherchi, Renato Lai, Pietro Pittalis, Mario Floris, Alberto Randazzo, Adriano Salis, Giuseppe Atzeri, Carmelo Cachia, Maria Grazia Caligaris, Raimondo Ibba, Pierangelo Masia, Raffaele Farigu, Giuseppe Giorico, Sergio Marracini, Salvatore Serra.
Una volta chiusa l’inchiesta con il rinvio a giudizio e avviato il processo, per l’ex consigliere regionale, eletto nel giugno 2010 sindaco di Porto Torres, è iniziato il balletto dei rendiconto: la procura, infatti, gli contestava 117.528 € di presunto peculato.
Durante l’udienza del giugno 2014 il difensore di Scarpa, l’avvocato Silvio Piras, giustificava spese addirittura superiori a quelle contestate al suo assistito, tra le altre, l’acquisto di due Audi A3 (una per lui, l’altra per il gruppo misto, a cui apparteneva), bollette telefoniche, connessioni ad internet, spese condominiali, spese d’affitto per appartamento di sua proprietà affittato a se stesso, contatti con gli elettori, bandiere, gadget vari e diversi collaboratori tra i quali Roberta Medda, Carlo Cossu, presidente del consiglio comunale di Porto Torres fino all’estate 2013 (quando Scarpa opera il ribaltone e imbarca PDL e sardisti) e Gian Luca Fresi, per un anno e mezzo circa assessore della sua giunta.
Il processo ha una brusca sterzata nell’ottobre del 2014, quando è chiamata a testimoniare Roberta Medda, inizialmente segretaria di Scarpa, divenuta sua moglie nel 2008, e ormai ex moglie dal 2013 (nel febbraio 2014 la troviamo candidata alle regionali nelle liste del PD, in contrapposizione alla nuova compagna di Scarpa, candidata con Forza Italia) che, durante la deposizione, ha spiegato come si sviluppava il suo rapporto di collaborazione all’interno del gruppo misto, per il quale veniva regolarmente retribuita in una maniera bizzarra: -utilizzava bancomat e carta di credito a lei intestate ma accese sul conto corrente di Scarpa; -non aveva mai utilizzato carte di credito del gruppo misto; -per la sua attività a supporto dell’ex consigliere regionale utilizzava l’Audi A3 acquistata dallo stesso Scarpa e non certo appartenente al gruppo misto. Insomma una mazzata per Scarpa che nell’udienza del febbraio scorso si trova costretto a cambiare radicalmente linea difensiva.
Tutte le pezze giustificative prodotte all’inizio del processo diventano carta straccia. Le 116.000 € contestate come “cifra del peculato”, secondo la nuova versione, non sono state usate per convegni, bollette, affitti, collaborazioni, aggiornamenti, auto per i collaboratori, ma erano la “giusta mercede” per il lavoro di collaborazione e assistenza durante il mandato, che Roberta Medda assicurava con grande professionalità ed efficienza, fin dal periodo in cui Scarpa era assessore alla Pubblica Istruzione: «La signora Medda – dichiarava Scarpa rispondendo ad un pm che lo incalzava a tratti beffardo – aveva in dotazione una carta bancomat e una carta di credito riferite al mio conto e spendeva liberamente per le sue esigenze, soprattutto spese femminili, parrucchiere, vestiti e altro. La sua collaborazione era fondamentale per il mio ufficio, mi aiutava da anni in modo egregio e con grande competenza».
Infine, nei giorni scorsi, la conclusione del processo e l’impietosa requisitoria del pubblico ministero che smonta “pezza per pezza” le ipotesi difensive dell’ex sindaco che paga a se stesso, col denaro del gruppo, l’affitto del locale di piazza Garibaldi di sua proprietà (400 € mensili per 19 mesi); che spedisce cartoncini augurali con frasi tipiche del dialetto turritano addebitandoli ai fondi del gruppo; che acquista un’auto e la mette a disposizione della compagna con soldi pubblici; che spende per abbonamenti a quotidiani, per libri e pubblicazioni varie nonostante le tremila euro mensili percepite come aggiornamento dalla regione… ma è soprattutto la testimonianza della Medda che determina la richiesta della condanna a cinque anni di reclusione per peculato aggravato, Medda che aveva dichiarato di usare bancomat e carta di credito, impinguate da denaro pubblico, per spese personali, abbigliamento, parrucchiere ed estetista.
Cinque anni di reclusione. Cinque anni senza attenuanti per il reato di peculato aggravato. Cinque anni che, se confermati il prossimo 16 Giugno, peseranno come un macigno sulla testa dell’ex sindaco e di chi, in queste elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Porto Torres, ne ha raccolto la scomoda e pesante eredità politico-programmatica.
Una richiesta giunta in una data significativa, che pare un triste presagio per una vicenda che ha fatto indignare molti portotorresi e moltissimi sardi. Perché in questo andazzo non è coinvolto solo l’ex sindaco di Porto Torres; perché questa vicenda, che accomuna ormai diverse decine di consiglieri ed ex consiglieri regionali, si è scoperto essere la prassi consolidata di una classe politica avida, assetata di potere e di denaro, sorda all’indignazione dell’elettorato, insensibile alle critiche, arrogante nell’affrontare le contestazioni. Si , una data significativa, il 5 Maggio di manzoniana memoria, il 5 maggio del “Ei fu”, il 5 maggio che “Come sul capo al naufrago l’onda s’avvolve e pesa, l’onda su cui del misero, alta pur dianzi e tesa, scorrea la vista a scernere prode remote invan; tal su quell’alma il cumulo delle memorie scese!”
La sentenza è prevista per il sedici di giugno, proprio due giorni dopo il ballottaggio che darà un nuovo sindaco (si fa per dire) a Porto Torres.
«Dobbiamo forse pensare di aver eletto alla massima assemblea pubblica un’associazione a delinquere?» ha chiesto in chiusura della sua arringa difensiva l’avvocato Silvio Piras… NOOOOO
Nata quasi a metà del secolo scorso, ha dato un notevole impulso, giovanissima, all'incremento demografico, sfornando tre figli in due anni e mezzo. La maturità la raggiunge a trentasei anni (maturità scientifica, col massimo dei voti) e la laurea...dopo i sessanta e pure con la lode. Nonna duepuntozero di quattro nipotini che adora, ricambiata, coi quali non disdegna di giocare a...pallone, la sua grande passione, insieme al mare.
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