Ogni tanto qualcuno mi accusa, sempre di rimbalzo e mai in modo schietto, di essere un buonista.
Il suffisso –ista viene usato per indicare chi svolge un’attività, segue una certa idea o ha certe particolari caratteristiche.
Ad esempio, un bassista è uno che suona il basso, un marmista è uno che lavora il marmo, un corista è uno che canta in un coro. Ma un buonista? E un razzista?
Buonista è un’accusa che spesso vola nelle discussioni sui social e viene usata volentieri da xenofobi, leghisti, neofascisti e lettori di Libero, all’indirizzo di chi manifesta sentimenti umani verso profughi e migranti.
Buonista dovrebbe significare (provo ad interpretare): “tu, povero comunista, non sei buono, sei solo buonista perché segui questo cazzo di moda che è uscita da poco, di essere buoni verso i negri, ma in realtà dovresti pensare agli italiani”. Il pensiero è un po’ sgangherato ma provateci voi a dare una logica ai pensieri di chi legge “Libero” tutte le mattine. Buonista, dunque, è uno che fa finta di essere buono.
La cosa si complica quando si viene accusati di “falso buonismo”. Ora, se il buonista è uno che finge di essere buono, il falso buonista può essere uno che fa finta di essere cattivo oppure uno che finge di essere buonista, cioè fa finta di fingere di essere buono, e quindi è buono veramente.
Qualunque sia il gruppo di neuroni e sinapsi attivato nel cervello di un lettore di Libero dal termine “buonista”, dovremmo accontentarci di quel poco che attualmente ne sappiamo, in attesa che la scienza faccia luce.
In ogni caso, se le parole hanno un senso, buonista è uno che in qualche modo ha a che fare col bene (“buono” viene dal latino “bonum”, che significa “bene”), cioè una cosa astratta ma che rappresenta un’idea cardine all’interno di un paradigma di umanità che, come Occidente, sentiamo nostro (insieme ad altre idee come giustizia, solidarietà, bellezza ecc).
E il razzista?
Un razzista difficilmente dirà di essere razzista perché per lui il problema vero non è che si debba essere razzisti, semmai sono gli altri che si mettono a fare i negri. La stessa cosa la fa il buonista, a dire il vero. Entrambi rifiutano l’etichetta ma entrambi credono nell’idea che sta alla base dell’etichetta. Il problema è proprio questo: il buonista (ma anche il finto buonista), crede nel bene mentre il razzista crede che esistano le razze, e mentre il bene è un concetto astratto su cui però si fonda l’idea stessa di umanità, la razza è un concetto pseudoscientifico senza alcun valore. È come l’etere dei fisici di un secolo fa, come la “virtus dormitiva” dell’oppio, come le scie chimiche, le sirene, gli UFO, i folletti, il lupo delle favole e la mamma del sole. E siccome questo vizio di inseguire il bene e la bellezza non ce lo togliamo, siamo liberi di scegliere, anche nel mondo delle favole, e di selezionare ciò che è buono e ciò che non lo è, mettendo sempre i mostri da una parte e gli indifesi dall’altra. Non solo, sappiamo anche distinguere tra favole utili e favole inutili: quelle utili, quelle che parlano di folletti, streghe, mostri e avventure, continuiamo a raccontarcele anche a secoli di distanza. Quelle inutili, quelle che non fanno progredire, non aiutano la fantasia, non insegnano nulla, ce le dimentichiamo, prima o poi.
Per cui la domanda è questa: tra il buonista, che in fondo ha solo voglia di un po’ di bellezza e di un po’ di bene, e il razzista, che crede che esistano le razze, chi è più coglione?
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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