Nonostante la preoccupazione perché c’è un leghista al Viminale, credo che l’unico per cui la pacchia è finita sia proprio Salvini. Per chi migra rischiando la pelle, la pacchia non è mai iniziata e dunque non può finire. Salvini invece ora ha -dal suo punto di vista- un problema enorme: mentre prima doveva rispondere solo a cittadini più o meno xenofobi, di cui ha imparato a gestire le reazioni intestinali trasformandole in voti, ora sarà diviso tra il blandire questi, dal cui voto dipendono le sue sorti politiche, e misurarsi con la realtà senza poterla nascondere. E in base a come gestirà la realtà, si decideranno da ora le sue fortune politiche. Per questo ha tentennato prima di accettare la nascita del Governo Conte, perché sa benissimo che i soldi dell’UE per gestire i migranti non possono essere sforbiciati né dirottati altrove, perché piccoli e grandi imprese, specialmente al Nord, hanno bisogno della manodopera garantita proprio dai migranti, perché il problema va gestito, comunque, in accordo con l’Unione (che se ha taciuto di fronte ai Lager sui cui si è basata la gestione Minniti, difficilmente potrà tollerare un’impennata di respingimenti, naufragi e rimpatri di massa), e anche perché rimpatriare costa molto più che gestire, al netto delle tragedie umane che innescherebbe e su cui il PD, silenzioso di fronte ai Lager libici, proprio a Salvini non farebbe alcuno sconto, addebitandogli magari anche i costi umanitari dovuti alla precedente gestione. Qualcuno dirà che sono troppo ottimista. Vedremo. Quel che è certo è che gli slogan buzzurri che sentiamo in questi giorni appartengono al repertorio pre-incarico mentre le dichiarazioni più fresche sembrano indicare che siamo di fronte a un Salvini con le orecchie già più basse, sempre xenofobo e leghista, ma con la strizza di chi è passato dalla Playstation al volante del camion, avendo realizzato che oltre a fare danno, rischia di sfracellarsi in prima persona.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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