Monsignor Galantino, numero due della Cei, entra a gamba tesa sulla questione immigrazione, affidando a Famiglia Cristiana parole di fuoco. Contro Salvini e company (“piazzisti da quattro soldi pronti a tutto pur di raccattare voti”) e persino contro Renzi (“il Governo è del tutto assente”, “non basta salvare i migranti in mare per mettere a posto la coscienza nazionale”, “li salviamo ma non abbiamo nessuna intenzione di accoglierli”).
Par di capire, dunque, che la Chiesa di Bergoglio abbia una soluzione netta per affrontare il problema: accogliere tutti quelli che arrivano e concedere loro un permesso di soggiorno. L’esatto opposto di chi sostiene l’opportunità di rimpatriare tutti. Il guaio è che entrambe le proposte appaiono pure e semplici sparate prive di qualsiasi possibilità di attuazione.
Accogliere tutti significherebbe esporre il Paese a un esodo di proporzioni bibliche senza che ci siano le condizioni non solo per l’integrazione ma perfino per una civile accoglienza. Rispedire tutti alla destinazione d’origine è una follia veria e propria: con quali mezzi, quanto costerebbe, dove li rispedisci se non si sa neanche da dove arrivano, con quali accordi tra i Paesi interessati, visto che molti di essi sono in guerra e altri addirittura privi di un governo riconosciuto?
Qualche giorno fa, in un articolo pubblicato dal Messaggero, Oscar Giannino rilevava come la Chiesa cattolica non avesse speso una parola (quella si, doverosa) per attaccare i Governi dei Paesi africani e mediorientali da cui ondate di profughi fuggono per cercare rifugio in Europa. Aggiungo che l’analisi dovrebbe essere estesa agli Stati europei che cominciano a innalzare muri e attuare politiche meno permissive per proteggere le frontiere, dall’Inghilterra all’Ungheria alla stessa Germania. La Cei dovrebbe preoccuparsi anche di questi aspetti, non proprio secondari.
E poi c’è l’Unione europea. Se il principio di solidarietà viene meno, resteremo per sempre l’anello debole di questa Europa, quello più esposto. Non possiamo essere lasciati soli, mentre gli altri si preoccupano esclusivamente del proprio orticello nazionale.
Qualsiasi fenomeno diventi emergenza deve essere affrontato, altrimenti viene subìto. E diventa immediatamente il nuovo, sporco business dei soliti avvoltoi. “Tu c’hai idea quanto ce guadagno co’ gli immigrati? Il traffico de droga rende meno” dice al telefono Salvatore Buzzi, capo della coop che, a Roma Capitale, succhiava soldi dai servizi sociali.
Se il fenomeno immigrazione, insomma, diventa un’emergenza, va affrontato con armi adeguate. Non basta il sentimento di cristiana solidarietà e pietà e non serve il ricorso a ottuse ipotesi di rimpatrio forzato. Entrambi hanno un sapore propagandistico che non aiuta a focalizzare il problema e mettere a punto una strategia.
L’intervista a monsignor Galantino è stata rimossa da Famiglia Cristiana, con tanto di atto di penitenza. Le parole del monsignore sarebbero state “riportate in modo esagerato”. Sarà. La vicenda ricorda tanto i fraintendimenti cronici di un tale di Arcore che prima sparava e poi ritrattava. E anche, perché no, l’ormai famosa frase rivolta dal senatore alfaniano Azzollini a suor Marcella, legale rappresentante della casa di cura Divina Provvidenza di proprietà del Vaticano e sull’orlo del crac. “Da oggi in poi comando io, se no vi piscio in bocca”. Per dire che la politica nostrana sembra aver rovesciato a proprio vantaggio il tradizionale rapporto di influenza che, un tempo, vedeva il Vaticano ingerire, anche pesantemente, sulle scelte di Palazzo Chigi.
Tornando all’immigrazione, continuo ad attendere dai nostri illuminati politici e studiosi una qualche strategia che si muova nel territorio del buon senso e della fattibilità, lasciando volentieri a chi se ne diletta lo scontro estremo tra chi vorrebbe aprire le porte a tutti e chi, avendone terrore, gradirebbe rispedire indietro centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini senza pensare che, per farlo, non sarebbe sufficiente requisire l’intera flotta aerea e navale, civile e militare, di questo dannato Paese.
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