Un paio di mesi fa è stato recapitato al mio indirizzo un pacchetto di Amazon che nessuno a casa aspettava. Dentro c’era un videogioco. Fifa 18 per la precisione, non per Playstation ma per la consolle Xbox: un simulatore del calcio molto realistico e altrettanto quotato, tra i praticanti del gioco virtuale. I ragazzi, ma non solo loro, sanno di cosa parlo. Mia moglie ha chiamato il servizio clienti di Amazon facendo presente l’errore e chiedendo informazioni su come potesse renderlo. Non lo avevamo ordinato noi, quel videogioco, che secondo mio figlio costa pure una certa cifra (si mordeva le mani, mio figlio. perché essendo possessore di Playstation 4 e non di Xbox di quel dono del cielo non poteva farsene nulla). Nonostante molte telefonate e qualche mail a svariati destinatari, non c’è stato verso di far avere il pacchetto al legittimo proprietario, anche perché nessun reclamo risultava ad Amazon. E così il gioco è rimasto abbandonato su una mensola, sopra la televisione, dimenticato fino a qualche giorno fa. Poco prima di Natale, mia moglie ha scritto un annuncio sul suo Facebook per dire che avrebbe regalato un Fifa18, mai usato, a chi lo avesse voluto. Ma nessuna manifestazione di interesse è pervenuta sul suo profilo social, né in privato o attraverso altri canali. Allora ho provato io a condividere il suo post, contando sul mio maggiore numero di contatti. È Natale, non tutti i genitori possono permettersi un regalo costoso per i loro figli, ma la maggioranza dei ragazzi ha una consolle da gioco. Lo stavamo regalando, non volevamo nulla in cambio, eppure manco io ho avuto riscontro alla mia offerta a costo zero. Fifa 18 resterà sulla mensola sopra le televisione ancora per molto. C’è stato un tempo, qualche anno fa, nel quale anche io giocavo alla playstatation: passavo la giornata al lavoro e ne tornavo così abbruttito che l’unico modo per staccare davvero la spina era piazzarmi di fronte ad un monitor, usando il cervello solo per coordinare azioni di gioco e movimento delle dita sul telecomando. Poi ho deciso che era venuto il momento di crescere e ho smesso. Però la passione per videogioco, forse la dipendenza, la capisco bene e in qualche modo la subisco tuttora, pensando alle giornate che mio figlio perde con questo passatempo. Però niente, non siamo riusciti a regalare il nostro pacchettino. E io non riuscivo a spiegarmelo. Poi, l’altro giorno, ho trovato su Facebook un illuminante post dell’educatore Lorenzo Braina. E allora mi sono spiegato tutto. Ve lo propongo, anche se l’appello giunge a tempo scaduto.
“Caro babbo Natale, per quest’anno vorrei chiederti una cosa davvero speciale. Vorrei chiederti di portare molti meno regali ai nostri bambini. Io lo so che tu lo fai perché gli vuoi bene ma non sempre le cose fatte con il sentimento sono cose fatte bene. Devi sapere infatti che da quando hai iniziato ad aumentare il numero di regali, a lasciarli non solo nelle case dei genitori ma anche in quelle dei nonni e di chiunque conosca il bambino, i bambini passano più tempo a scartare regali che a giocarci. Vedi, il rischio è che se continui così i bambini perdano cose fondamentali come il desiderio, la sorpresa, l’attesa anche frustrata perché anche il dispiacere per la mancanza è una condizione essenziale per conservare l’interesse e la passione per la vita. Quando io ero bambino, qualche settimana prima di Natale, mamma mi chiamava e mi diceva: dai scrivi la tua lettera a Gesù bambino (era lui allora a portare i regali) Io, preso da un momento di euforia, cominciavo un lungo elenco di giochi fino a che non notavo la faccia perplessa di mia madre che alla mia domanda su cosa ci fosse che non andava mi diceva sempre: mi sa che gesù bambino non può portarti tutte queste cose, quest’anno è povero ed ha tanti bambini a cui portare regali; Allora io iniziavo a togliere giochi dalla mia lista fino a che mia mamma non mi diceva che quello che avevo lasciato, sempre uno solo, era quello che probabilmente, se ero stato buono, mi avrebbe portato. In quel modo io imparavo che non tutto si può avere, che ci sono altri bambini, che ci si deve assumere la responsabilità dei propri comportamenti e che Gesù bambino era come la nostra famiglia, povero. Sarebbe bello caro babbo natale se portassi un solo regalo ai bambini, il più desiderato da loro di quelli che ti puoi permettere. Forse se lasciassimo le case più vuote di oggetti potremmo riempirle maggiormente di relazioni, di attenzioni, di tempo per stare insieme, di cure reciproche, perché sai caro babbo è questo il dono che i bambini ricorderanno tra tanti anni da oggi e non tutti quelli trovati in pacchi ricchi di fiocchi e privi di senso”.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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