Mi chiedono: ma perché a te piace Raffaella Carrà? E io, come se fosse la più inutile delle domande: “semplicemente perché è il frutto di un bacio antico”. Adesso, a raccontarla così sembra facile, ma vi assicuro che Raffaella Carrà, ai miei tempi, funzionava davvero. Prendete il tuca tuca. Era un ballo che nelle serate magiche (chiamate comunemente tè danzante anche se scivolava molto martini bianco) serviva a toccare con autorizzazione e non, come qualcuno faceva, con furbizia. Insomma: Raffaella Carrà era la musica dirompente, quella di “ma che musica mestro” e di “chissà se va”. Canzoni che avevo imparato a memoria e che tenevo dentro le tasche dell’incoscienza anche perché, fin da allora amare la Carrà non faceva “figo” anzi, a dire il vero era derisione e dileggio da parte di chi, invece, amava Riccardo del Turco e Mario Tessuto. L’adolescenza era segnata da Lisa dagli occhi blu e da luglio col bene che ti voglio. Troppo scontate. La Carrà era in un altro pianeta. Ammiccava, diceva chiaramente ma non si voleva capire. La differenza era sostanziale: il povero Mario Tessuto ci metteva una canzone esatta per provare a far innamorare la povera Lisa dagli occhi blu. La Carrà, invece, da subito diceva: “E quando ti guardo, lo sai cosa voglio da te e quando mi guardi, lo so cosa tu vuoi da me”. Annetta, invece, amava alla follia “Chissà se va”. Ci trovammo una sera d’estate a condividere questo amore segreto per Raffaella Carrà e, in passeggiata ad Alghero, vicino ai cannoni, ci scappò il bacio. Era il mio primo bacio. Davvero. Era andata e ho scoperto il significato della frase: “il brodo è tanto buono ma, se non c’è il prezzemolo che sapore ha?”. Chissà poi se è andata davvero così. In ogni caso ho continuato ad amare Raffaella, il tuca tuca, felicità, ta ta l’accento sulla a. In un periodo dove tutti sono abituati ad accentuare la tristezza e l’odio, cantare con gusto Pedro Pè mentre sgorga dalle cuffiette dello smartphone significa che siamo scemi. E terribilmente vivi.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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