Ora non ricordo la data. Fine anni Sessanta, doveva essere, o primi Settanta. Se eri di sinistra a Sassari non potevi più circolare. Aspettavano che fossi solo o in sparuta compagnia e ti picchiavano. Mai niente di gravissimo, pochi finiti in ospedale. Ma nasi sanguinanti, occhi blu e roba così. Io ebbi qualche punto sotto le labbra per un portacenere che mi era arrivato a faccia nell’irruzione in un locale dove eravamo riuniti. Non erano i soliti fascisti che conoscevamo noi. Pochi di loro, almeno. C’erano facce sconosciute, molte da galera, qualche poveraccio probabilmente prezzolato. Professionisti. Alla fine si creò un clima di preoccupazione, quasi di paura, che pregiudicò l’attività politica della sinistra giovanile. Che forse era quello che volevano. O forse volevano, più sottilmente, un’altra cosa. E cioè l’assalto alla sede del Msi di via Roma che più o meno mille ragazzi esasperati un giorno fecero quasi spontaneamente: cioè con scarso preavviso all’interno del movimento e con nessuna organizzazione. Anche in quel caso non ci furono morti o feriti gravi. Ma la buona borghesia sassarese apprese da organi di informazione di ogni tipo e da discorsi in piazza d’Italia (ancora era luogo di incontro e scambio di notizie) che i giovani di sinistra erano violenti e pericolosi. Dei mesi di vera e propria persecuzione con agguati sotto casa che avevano preceduto quell’assalto liberatorio, nessuno ne parlava e nessuno ne informava. Leggo ora delle manifestazioni antifasciste con interventi della polizia. Ragazzi, questo ve lo racconta un anziano coglione, che però un po’ di cose le ha vissute, perché sappiate che da che mondo è mondo i fascisti sono soprattutto dei provocatori, squallidi e vigliacchi provocatori. Non dico di lasciarvi picchiare come polpi senza difendervi, ma state attenti a dove quella gente vi vuole portare.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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