E fu anche l’anno della rivoluzione musicale. Anzi proprio la “Svolta di febbraio”, quella del Festival di Sanremo, fece da apripista ai grandi cambiamenti che caratterizzarono il 2016 come l’anno del riscatto italiano. L’entusiasmo con il quale vennero accolti sin dalla prima serata la canzone e il cantante che avrebbero trionfato, era espressione del torrente di ottimismo che cominciava a scorrere lungo il nostro Paese. Anche al teatro Ariston si respirava aria diversa, sembrava trasformato nel vecchio e allegro Salone delle Feste del Casinò municipale, dove il Festival era nato, si avvertiva che l’economia stava per decollare dopo l’equilibrio trovato dalla classe politica tra le norme imposte dai potenti gnomi della finanza europea e il recupero dei più solidi valori di stato sociale fondato sulla democrazia e sul lavoro nati con l’Italia repubblicana e poi persi nella diaspora della sinistra. I tassi di disoccupazione ancora sostenuti in quel febbraio stavano tuttavia assumendo una tendenza evidente al calo e i sintomi della ripresa erano avvertibili anche a livello di massa. L’altare della canzone italiana celebrava l’Italia rinata che in un intreccio virtuoso tra economia, cultura e nuova percezione dei problemi sociali stava raggiungendo i più alti standard europei. Le opposizioni al riconoscimento dei diritti civili per qualsiasi forma di matrimonio e al diritto delle coppie omosessuali ad avere figli legittimi erano state superate grazie a una spinta popolare che aveva travolto le resistenze oscurantiste. Uno schieramento politico di destra, caotico, minoritario e a caccia di spazi anche casuali di affermazione, aveva cercato il sostegno della Chiesa. Ma vescovi e parroci, senza eccezioni, si erano collocati con disciplina e convinzione a fianco del Papa Francesco che aveva condannato ogni ingerenza nella politica italiana, tanto più in un momento così delicato di crescita per il Paese e su temi per i quali il Santo Padre aveva lasciato la più profonda e sincera libertà di coscienza a ogni credente. In quel febbraio del 2016, il pubblico di Sanremo rimase perplesso a quella prima strofa monotona, piana, fatta di nove note uguali. Ma poi capì che era soltanto la strada verso la vera rivoluzione musicale: il ritornello. Che l’artista introdusse con un catartico aprirsi della braccia e il viso verso il cielo in un sorriso liberatorio. La musica impose il suo ritmo al testo surreale ispirato a un dipinto di Chagall, in realtà espressione forse inconscia ma già matura del grande cambiamento italiano. Un cambiamento che già da quella sera il pubblico del teatro e milioni di italiani davanti al televisore festeggiarono accompagnando quel cantautore pugliese quasi sconosciuto nel refrain che divenne il simbolo non solo di Sanremo 2016 ma della canzone italiana di ogni tempo: “Volare oh oh…”.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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