Ho visto che Sardiniapost ha ospitato una riflessione di Rubens D’Oriano, archeologo ed esperto di antichità sarde. D’Oriano polemizza con i “fantarcheosardisti”, coloro che non credono all’archeologia ufficiale, formulano ipotesi fantasiose sui nuragici, se le fanno sponsorizzare da qualche amico politico e cavalcano il sogno di una Sardegna mitica, invitta, libera, i cui cromosomi sarebbero arrivati anche a noi solo che qualche complotto impedisce loro di esprimersi al meglio.
D’Oriano ha un mare di ragioni. Però sbaglia alcune cose importanti e in questo mi sembra in linea col mondo accademico di cui è esponente.
Dice D’Oriano, (così dice l’articolo) che nessuno che non sia archeologo dovrebbe azzardarsi a formulare ipotesi su quello che ci arriva dal passato remoto, perché è materia degli archeologi. E fa alcuni esempi su aerei guidati da avvocati, interventi a cuore aperto condotti da commercialisti ecc, per far capire che ognuno deve fare il suo mestiere e non azzardarsi a fare quello degli altri (ho mischiato le professioni ma il concetto era quello).
Primo errore di D’Oriano. Ipotizzare che un aereo debba fare una certa manovra è una cosa che per fortuna possiamo fare tutti, così come possiamo metterci a inventare teorie su cosa sia meglio per far rilassare un paziente prima di un intervento al cuore. L’importante è non pretendere di entrare in sala operatoria in camice verde o di chiudersi in cabina di pilotaggio dopo avere avvisato la hostess di non voler essere disturbati per nessun motivo.
Per lo stesso motivo, non vedo perché io non possa mettermi a ipotizzare cose che nessun archeologo mi ha mai spiegato, come quando mi sono chiesto, come molti, se il sito di Monte Prama non testimoniasse di una Sardegna antica né sottomessa né arretrata ma centrale in una rete di commerci e scambi di idee tra popoli mediterranei di tremila anni fa.
Per me profano ma curioso, che non ho velleità sardonazionaliste e non credo agli atlantidei, l’idea di una Sardegna perennemente cornuta e mazziata strideva con quelle statue. Poi ho scoperto che l’idea di una Sardegna-parte attiva tra le civiltà Mediterranee antiche, era già acquisita da anni presso gli archeologi. Io –profano- c’ero arrivato certamente tardi, ma c’ero arrivato con una mia ipotesi che si è rivelata sensata. Non solo: discutere pubblicamente di quella ipotesi è stato utile a me e non solo a me. E qui rimprovero un secondo errore a D’Oriano: la comunicazione.
È vero o no che l’idea di una Sardegna antica cornuta e mazziata è predominante tra i profani? E perché così tanti scoprono solo ora, solo dopo il casino di Monte Prama, che non è sempre stato così? E perché non è passata l’immagine di una Sardegna integrata, tremila anni fa, in una rete mediterranea di commerci e culture? Chi avrebbe dovuto lavorare perché questo si sapesse, così come si sa che a un certo punto arrivarono i Romani, poi i Vandali, poi gli Arabi, poi i Pisani, poi gli Spagnoli, poi i Savoia ecc? E ancora, perché i Giganti sono rimasti quarant’anni in freezer? E perché non si è continuato a scavare subito, visto che statue così in Sardegna non se ne vedono tutti i giorni? E ancora, quanto è servita l’eco provocata soprattutto dai profani, a portare su Monte Prama anche l’attenzione della politica e dei media? Sarà che D’Oriano e gli altri grandi nomi dell’Università tendono a chiudersi e lavorare nei loro nuraghi d’avorio isolandosi e perdendo di vista il contesto socio culturale generale (il pubblico) o almeno parti importanti di esso? E sarà che la politica, che un po’ bagascia lo è, se ci sono vuoti da riempire li riempie con quello che ha, compreso il fantarcheosardismo?
Il passato tira come il sesso, non si può pretendere che le persone, siccome non hanno studiato archeologia, non discutano e non vadano a cercarsi le notizie. Se c’è un deficit di notizie corrette, chi è curioso diventa facile preda, specie oggi e su internet, di cialtroni che anziché fare scienza si occupano di fandonie e ci fanno i soldi grazie ad alcuni politici. Ma la colpa la do innanzitutto a chi non comunica a dovere. E credo che Università e Soprintendenze siano carenti in proposito. Salvo da questa critica molti giovani studiosi e ricercatori, costretti loro malgrado a far buon viso a cattivo gioco di fronte ai loro maestri, ma desiderosi di un rinnovamento anche politico, oltre che culturale, dentro il loro mondo.
D’Oriano, mi sembra questo il limite suo e del suo mondo, parla solo a un pubblico già suo, un pubblico che non ha bisogno di essere convinto perché ha già gli strumenti giusti ed è già diffidente verso chi racconta stronzate. Ma così non si cresce, non si esce dal nuraghe o al massimo ci si fa un giro fin dove arriva la sua ombra. Ma il resto del mondo resta tagliato fuori, a disposizione di chi è bravo a catturare l’attenzione e a farsi una reputazione di esperto.
Chiudo suggerendo a D’Oriano, la prossima volta che vorrà affrontare certi argomenti, di affidarsi a qualcuno che ha studiato comunicazione.
Lui d’altronde è un semplice archeologo, non vorrà mica che il paziente ci resti secco?
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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