Del fatto che io sia destinato al bunker già ne avete scienza ed è inutile ripeterlo. Che io scavi con rinnovato vigore ogni volta che mi imbatto in certe notizie, sapete anche quello. Quello che né io né voi sappiamo, è quanto tempo sarò costretto a passare nelle viscere della terra, prima che l’ottimismo verso l’Occidente (e anche verso l’Oriente) mi sia tornato a livelli umani.
Uno dei motivi per prolungare il mio soggiorno al buio mi viene oggi da un possibile cortocircuito: quello tra scienza e ordinamento giuridico. So che a molti sembra una questione banale: motivo in più per ritirarmi a vita privata. Premessa: affinché esista un cortocircuito è indispensabile che vi sia un circuito. Il circuito in questione è l’opinione pubblica, il sentire comune su quello che dovrebbe essere il rapporto tra scienza e legge (o democrazia). Nell’ultimo anno la temperatura del dibattito è stata altissima e molti gli episodi che l’hanno alimentato: eutanasia (DJ Fabo), accanimento terapeutico (il piccolo Charlie), danni da vaccinazione (sentenza della Corte Europea), ricerca e pratica nella terapia del dolore (arresti e dimissioni a Parma), chirurgia estetica camuffata da interventi per tumori al seno (arresti a Messina e Savona) ecc.
In casi come quelli di Fabo, del piccolo Charlie o dei danni da vaccino, la domanda è: “perché la giustizia si intromette su questioni che dovrebbero riguardare solo le scelte del paziente, o dei suoi familiari, o l’autonomia della scienza?”.
Nel caso di truffe al sistema sanitario nazionale (Parma, Messina e Savona, ma ce ne sarebbero molte altre) invece la domanda è: “Perché i colleghi degli arrestati non si sono accorti di nulla? perché la scienza e la medicina non hanno gli anticorpi contro le frodi? perché si è dovuta attendere la magistratura?”
Proprio ora, mentre scavo col picco per far posto alla cuccia del cane e rifletto su cosa scrivere, la prima risposta che mi viene in mente è: “mah…”.
Ma poi, posato il picco per bere e riposarmi (ho un’età), mi viene in mente la solita risposta di carattere generale: “I compartimenti stagni, le categorie troppo rigide, le certezze assolute, le ricette infallibili, le etichette e le semplificazioni, mal si adattano a ragionare su questioni complesse”.
Indeciso se riprendere il picco o restare seduto a fumarmi una sigaretta (in realtà non fumo, ho smesso molti anni fa, ma so che quando andrò sottoterra riprenderò, così provo se funziona l’allarme), indeciso, dicevo, e in cerca di una scusa per riposare ancora, mi accorgo che la mia risposta è striminzita al limite dell’inutilità. Servirebbe uno sforzo ulteriore. Ma cosa posso rispondere, almeno a me stesso, prima di riprendere a picconare con rinnovata energia? Esiste un attrito tra la scienza e la legge? Esiste qualcosa come un confine che le separa? Esistono delle aree in cui i due mondi si toccano e fanno scintille? E chi ha ragione? Chi deve prevalere? Perché?
Non lo so, giuro. So solo che quando immagino la vita, specie quella umana, più che a una scala ascendente o a un binario lanciato verso il futuro, mi viene da pensare a un’immensa brodaglia in continua ebollizione (una versione 2.0 del brodo primordiale delle origini), o magari a uno stagno, a una foresta, al fondo del mare. Un ecosistema immenso e fitto in cui tutto interagisce con tutto e in cui le regole che ci diamo (ordinamenti giuridici, visioni scientifiche del mondo, canoni estetici, liturgie religiose, costumi sessuali e altro ancora) sono solo strumenti umani, forgiati per poter restare a galla un altro po’, mentre intorno tutto continua a bollire e a rimescolarsi in modo imprevedibile. All’interno di questo lavoro di costruzione di modelli e di regole, siamo noi che collettivamente scegliamo una direzione, con passi più lenti dei decenni che scorrono. In questo momento storico, in cui molte delle decisioni che prendiamo tengono conto della scienza, quando è il caso di controversie in cui la scienza sia parte in causa attraverso una delle sue incarnazioni (ospedali, ministeri della salute, istituti di ricerca), l’ultima parola spetta invece alla giustizia.
Qualcuno, con uno scivolone comunicativo, ha detto che la scienza non è democratica. Al di là di quanto sia vero o falso, la scienza –che dovrebbe essere il più possibile libera di indagare- quando anche non fosse democratica sta all’interno di democrazie (e in questo è fortunata essa stessa), e quando non sa dare risposte nette a domande nette, lascia il posto –in caso di controversie- a chi una risposta è chiamato a darla. La scienza non ci ha ancora permesso di decidere la differenza tra una vita da vivere e una da interrompere (Fabo e Charlie) né è ancora in grado di spiegare (o escludere) l’infinità di possibili connessioni tra fenomeni che pure sono visibili. Allo stesso tempo la scienza non ha molti strumenti per arginare la frode di un ricercatore disonesto, se non dopo che la frode è stata perpetrata e l’eventuale errore su dati volutamente truccati, è stato smascherato dall’esperienza.
Gli uomini, per parte loro, sono fabbricanti seriali di domande. Alcune sono malposte, altre hanno già ricevuto risposta ma continuano a presentarsi, altre ancora sono sfide da raccogliere. Intanto che la scienza si organizza, qualcuno deve provare a rispondere a queste domande. In una teocrazia ci pensa la religione. In una dittatura lo fa la politica. In una democrazia laica, dove la scienza non può, ricorriamo alla giustizia.
Per tutto il resto, c’è la mitragliatrice che ho appena ordinato. È dello stesso colore della porta sbarrafuoco. A proposito, dove ho messo il picco?
Devo ancora scavare il magazzino delle munizioni.
A sabato prossimo.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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