Nemmeno mi sfiora l’idea di mettere in dubbio l’emergenza climatica e non ho certo titolo per confutare la teoria del global warming.
Però a me sembra che questo lamentarsi del caldo a giugno e di vederlo come presagio dell’apocalisse sia anche un tantino rituale, un modo come un altro per riempire le nostre attese nelle anticamere e un comodo escamotage per riempire pagine di giornali a corte di idee e notizie vere.
Se torniamo indietro al 25 giugno del 1980, quarantadue anni fa, troviamo il pregiato reportage giornalistico da Mosca di un giovane Vittorio Zucconi.
Qual è l’oggetto dell’articolo? Bravi, il caldo.
Pare che nel 1980, a Mosca, il mese di giugno sia stato bollente. Zucconi osservava come una città concepita per combattere il freddo fosse, viceversa, piuttosto impreparata nel fronteggiare l’anomalo – ma quanto anomalo, poi? – innalzarsi delle temperature.
Nel giugno del 1980, la Pravda arrivò a dedicare più di un editoriale all’emergenza incendi e il governo comunista fu costretto ad introdurre una serie di restrizioni in odore di legge marziale per vietare tutti quei comportamenti giudicati rischiosi, ad esempio l’attraversamento dei boschi o le soste delle auto al di fuori della piazzole.
Andiamo ancora più indietro, al 25 giugno del 1965: cinquantasette anni fa. Le cronache riferiscono della consueta emergenza caldo nelle città del nord e segnalano i 33.9 gradi di temperatura rilevati a Milano, riferendo anche della distribuzione di acque con autobotti decisa da alcune amministrazioni comunali per alleviare la sofferenza dei cittadini.
E nel 1961, sessantuno anni fa, ci fu un allarme caldo?
E che ve lo dico a fare? Naturalmente sì.
Le cronache del 25 giugno di quell’anno parlano di temperature medie di 35 gradi e segnalano, in particolare, i 36 toccati a Rovigo, che in quella stessa giornata vide la colonnina del mercurio segnare i 27 gradi alle sette del mattino.
Forse ci stiamo lamentando troppo, anche perché oggi l’aria condizionata ce l’abbiamo quasi tutti e col troppo caldo possiamo batterci ad armi pari.
Mica come i moscoviti del 1980.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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