Facebook è perfettamente adeguato allo standard consumistico del mondo analogico. Gli status, per funzionare, devono essere corti, avere vita breve, ed essere rapidamente sostituiti da un nuovo status. E quando dico corti, intendo 80-100 parole al massimo. Sesso veloce. Una sveltina e via. Inutile l’approccio iniziale. Superfluo il corteggiamento introduttivo del lettore. Deleteria la contestualizzazione per sollevare la carica erotica. Stimolazioni tattili, suggestioni olfattive, solleticazioni visive, sussurri di prossimità, assaggi epidermici, tutta roba da evitare come la peste! Chi come il sottoscritto legge volentieri (o scrive) racconti brevi, è un disadattato. Ne ho in mente almeno una decina di questi socioalienati ai quali voglio bene. Smettetela! Siete fastidiosi. Deviate le statistiche. Il “breve” di un racconto breve, è troppo lungo. La regola deve essere: – fuori l’arnese – due colpi – ciao (opzionale) Non c’è tempo, non c’è voglia. Un terzo delle persone che leggeranno questo stesso post, lo faranno per il titolo. Lascia intendere la possibilità di un contenuto pruriginoso. Andatevene. Non c’è altro. Era solo marketing. Si salvano da questo gioco al ribasso alcune rare eccezioni, che in meno di 80 parole riescono a racchiudere un mondo, ribaltando sul lettore l’onere di rivelarlo. Ma sono eccezioni, come dicevo. Lo standard di Facebook benedice la sveltina. Uno status, un concetto. Deformazione quantistica sbagliata del social. Trovarsi all’interno di uno status che suggerisce una qualche forma di continuità (un dentro, ma prima e dopo) è fatica. Mi ci metto anch’io. Non fosse che per farmele uscire dalla testa le cose devo scriverle, mi abbandonerei completamente al lato oscuro. Già in parte lo faccio ogni tanto. Anzi, voglio ridurla ulteriormente questa realtà. Auspico che i link “Continua a leggere…” o “Altro…” che si vedono alla quinta/sesta riga di un post esteso, portino effettivamente ad “Altro…”. Un altro status, un’altra stagione, un’altra persona, un’altra collina. Con un’ulteriore liposuzione si potrebbero eliminare le lettere superflue, mantenendo solo le iniziali di ogni parola, per poi trovare un’unica lettera, media ponderata delle lettere rimaste dopo la cura dimagrante, da scrivere quale unico simbolo grafico rappresentativo del post. Resta una roba bella pulita e di rapida fruizione. Magari, con un ulteriore piccolo sforzo, riusciamo a trovare il baricentro di tutte le lettere di tutti gli status e carichiamo solo quello sul Facebook, per rimirarlo soddisfatti e finalmente liberi da pensieri. Scusate, mi gira il cazzo. MGIC … poi mi passa.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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