Ci avevano raccontato della bellezza del silenzio nell’infinito cosmo. Poi ci hanno fatto sentire i rumori terribili di una stella: una sorta di vuoto pneumatico che con la poesia non c’entra nulla. Poi l’acqua su Marte, ma neppure l’ombra del fantomatico marziano (tutti presenti sulla terra). Noi, la generazione di Jules Verne, quelli con la fantasia più sfrenata ad immaginare i mondi oltre l’infinito, siamo in apprensione quando ci raccontano cosa può succedere fuori dalla finestra della nostra terra. Anche perché – diciamocelo con una certa chiarezza – a noi l’idea che ci sia da qualche parte un ominide come E.T. che ci accompagni in bicicletta ad osservare tutto dall’alto, ci fa assolutamente innamorare di tutto, come direbbe il buon De André. Adesso ci raccontano della stella più misteriosa del cielo. Scoperta a circa 1500 anni luce da qui e quindi, ad occhio, impossibile da raggiungere con i nostri mezzi, bicicletta di E.T. compresa. Questa stella compie qualcosa che gli scienziati (e non gli ufologi, badate bene) giudicano incredibile: la sua luce aumenta e diminuisce come non si è mai visto accadere in nessun altro corpo celeste. Le ipotesi sono chiaramente molteplici (escluderei per decenza quella di un’auto bloccata con le quattro luci accese) e tutte molto interessanti dal punto di vista scientifico. Quella che mi incuriosisce è la possibilità che potrebbe trattarsi di una strana costruzione aliena, un’ enorme tecnologia spaziale “capace”, secondo quanto scrive Silvia Bencivelli su La Repubblica, “di disturbare la nostra visuale sulla via Lattea”. L’argomento è chiaramente molto leggero davanti ad altre storie più tristi e che dovrebbero disturbare molto di più la nostra coscienza. Però è affascinante pensare ci sia qualcuno in qualche punto del cosmo. La cosa che non capisco è legata a ciò che noi immaginiamo sui famosi extraterrestri: perché questi alieni devono obbligatoriamente essere più intelligenti di noi? Perché dovrebbero essere potenzialmente dei nemici? Perché, soprattutto dovrebbero conoscere i concetti di bello-brutto, rosso-nero, guerra-pace? Sono profondamente legato a Jules Verne e allo Spielberg di E.T. e vorrei che un extraterrestre venisse a portarmi via ma solo per vedere questo mondo da lontano e sperare che da altre parti non ci si debba sempre giustificare o puntualizzare o rendicontare. Vorrei una stella che sia tutta mia, diceva Eugenio Finardi nella canzone “Extraterrestre”. Io, più semplicemente, vorrei una bicicletta capace di volare tra le parole e l’infinito. Così, solo per gioco. Chiedo troppo?
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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