I cantieri dell’Expo sono ancora a pieno ritmo, stanno lavorando sodo per rispettare la data dell’inaugurazione: quella del prossimo primo maggio. Stanno sollevando il tappeto, con tutta fretta, per nascondere la sporcizia di casa. Un immenso cantiere all’italiana, in cui il supervisore è diventato Raffaele Cantone, il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac). In Italia quando le cose non funzionano (o funzionano male) arriva il commissario.
Sette anni per mangiare altra terra, costruire altri volumi, consumare energia e divorare spazio per…”nutrire il pianeta”. L’attuale area espositiva milanese, assisterà inerme alla promozione della biodiversità sponsorizzata anche da grandi marchi multinazionali. L’Expo sarà ospitata in un’area nel settore nord-ovest di Milano e occuperà una superficie di 1,7 milioni di metri quadrati, comprendente parte del territorio delle città di Pero e Rho. Penso al secolo scorso con nostalgia. Penso alla creatività italiana, andata via via scomparendo inghiottita da chissà quale voragine oscura. Ci sentiamo orgogliosi quando vediamo un oggetto industriale o artigianale nato dal genio, dallo studio, dalla ricerca italiana, che vive e funziona ancora magnificamente. C’era serietà, curiosità e voglia di fare. Erano tempi di ottimismo, di creatività e di ricerca. Basti pensare agli ’50 e agli anni ’60. Anni in cui l’Italia poteva vantarsi, con orgoglio, di possedere tanti primati in molteplici settori lavorativi, produttivi e culturali: dell’arte, dell’artigianato, dell’industria, della letteratura. Spesso si faceva tanto con poco. Forme perfette, funzionalità e materiali eccezionali, sono arrivati sino ai giorni nostri. Vecchi baluardi, rassicuranti e familiari come la caffettiera Bialetti, per esempio. Oggetti di industrial design per l’uso quotidiano, provenienti da quell’epoca fantastica sono tuttora utilizzati. Indistruttibili. Ma quegli anni sono stati importanti anche per aver dato la luce a grandissime produzioni cinematografiche, letterarie e musicali. Grandi registi, scrittori, designers hanno realizzato quello che nel mondo veniva definito “Italian style” e che spesso, oggi, viene utilizzato comodamente e raffinatamente solo come fonte di rendita in quanto scarseggia la vena creativa dei più, spesso bravi solo a scimmiottare o a farsi raccomandare dal politico amico. Tra uno spot e l’altro, in cui si alternano prodotti a base di olio di palma e telefonini, abbiamo assistito in tv, a questa decadenza di style. La qualità delle università si è ridotta a punteggi burocratici e crediti formativi. Non esiste più la ricerca. I materiali impiegati per la realizzazione di qualsiasi opera fanno i conti con la crisi e spesso con il malaffare. Costruzioni che dopo un anno sono impraticabili a causa delle mafie, della burocrazia e della cattiva progettazione. Fame di soldi. Siamo sopraffatti dalla retorica burocratica della gara pubblica al miglior offerente (con tutte le turbative conseguenti), da musichette amene e da fiction stupide, narcotizzanti. Strane forme nasceranno all’interno dell’area Expo a Milano; spero di sbagliarmi ma di quelle forme (specie quelle contrattuali di appalto) ne sentiremo parlare ancora. E non come prodotto positivo del genio italiano. Sarà un’Esposizione Universale a metà. Un hamburger incompleto. Una Milano da bere con l’Italia bevuta e sbronza. Basato sulla retorica buonista e infida del “Nutrire il Pianeta”, in un periodo di fame e di decadenza della qualità, persino alimentare. Dove vale sempre il concetto di “siamo quello che mangiamo”. Lo leggo spesso nelle etichette dei prodotti incartati appositamente per nutrire gli inceneritori. In un periodo come quello che stiamo vivendo, l’Expo 2015 è nato con l’ambizione e la responsabilità supposta di lasciare un messaggio ai popoli che lo frequenteranno: sensibilizzare il mondo cosiddetto evoluto, al risparmio per ridurre la propria fame consumistica e inutile dei Paesi “industrializzati” a favore delle Nazioni dove ancora, ogni giorno, si muore di fame; ovvero nei famosi Paesi definiti sino a qualche tempo fa “Terzo Mondo”. Dove ancora nessuna Nazione “occidentale” si sognerebbe di riconoscere la proprietà delle materie prime ai legittimi proprietari e che maledettamente sfrutta per supplire alla propria fame di consumo. Dove ancora si muore per debito pubblico con gli altri Stati. Stiamo già assistendo alla prima parte di cronache giudiziarie che gravano sulle opere dell’Expo. Sentiremo ancora parlare di persone indagate per malaffare intorno a questi nuovi padiglioni espostitivi. Ci saranno professionisti che utilizzeranno il camouflage non solo per nascondere le magagne strutturali e incomplete dei grandi box espositivi ma cercheranno di fuggire, mimetizzandosi tra un hamburger del Mcdonalds e una pizza di Eataly, per nascondere le macchie di soldi sporchi dalle mani. Per evaporare in una nuvola Rho.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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