In queste ora ha generato sconcerto scoprire che molte persone, alla notizia dei 900 naufraghi periti nel canale di Sicilia provenienti dall’Africa, hanno riempito il web di commenti razzisti, sarcastici, persino con manifestazioni di vero e proprio giubilo, tanto da indurre alla chiusura le pagine di alcune testate giornalistiche.
Ci si domanda come è stato possibile giungere a questo punto.
Certo il razzismo è una componente antropologica sempre presente in maniera più o meno consapevole, una struttura mentale che, specie in condizioni di pressione sociale, sottolinea l’alterità e dunque stabilisce confini più decisi di una comunità.
E tuttavia il razzismo moderno, è stato ampiamente dimostrato, è più il frutto di una differenza di censo che di razza. Si è razzisti con i poveri, a prescindere dalla razza.
Il razzismo moderno soffre dunque di quella disumanizzazione che Karl Polany ha descritto nei suoi studi, quella ingenerata dal mercato che ha trasformato gli esseri umani in automi dediti al consumo.
Ecco allora che il valore di una persona, e dunque anche il senso di superiorità, è determinato dalla triste metafora del mercato: se hai soldi sei qualcuno, e vali tanto.
La “balentia” delle persone è mutata, finendo per misurarsi sulla base della ricchezza materiale.
Questa tendenza moderna al razzismo può essere contrastata con politiche culturali, con l’educazione, con buone pratiche sociali, e anche con l’attivazione di norme e relative sanzioni, per evidenziarne l’importanza, al fine di tendere ad una società matura dove le diverse componenti possano collaborare ed armonizzarsi tra loro.
In Italia, purtroppo, è successo esattamente l’opposto.
Negli ultimi 20 anni, per ragioni di mera speculazione politica, è stato sdoganato il razzismo a livello sociale. Anzi, è stata lanciata una vera e propria campagna mediatica, condotta con tutti i mezzi, per denigrare e colpevolizzare le minoranze etniche e gli immigrati.
In questa campagna denigratoria non si sono risparmiate manipolazioni dei fatti e vere e proprie patacche e falsità in genere, al punto che ormai si può dire che sia “passata”.
Ho sentito in queste ore persone sinceramente antirazziste giustificare “l’esasperazione” di chi è disperato e si vede rubare il lavoro, sapendo quanto spende lo Stato per gli immigrati, e altre bufale simili ad esempio sui costi dei centri di accoglienza.
La campagna denigratoria dunque è passata nel “popolino” e, forse, occorre dire, la sinistra e certi “radical chic” hanno troppo sottovalutato i danni devastanti di queste campagne al tessuto sociale, sempre più frantumato e diviso.
Ma qual è lo scopo di questa campagna?
Raccogliere facile consenso dalla pancia della gente, dalla paura, dall’egoismo, sentimenti sempre presenti, ancor più in questo mondo inaridito dal denaro valore assoluto, e così raccogliere voti e, dunque, potere.
Ma, soprattutto, spostare la colpevolezza e l’attenzione dell’opinione pubblica verso altri obbiettivi, diversi da quel sistema che ha in corso una ristrutturazione molto delicata, tendente alla concentrazione maggiore di risorse e di potere nelle mani di pochi.
Purtroppo la gente, il popolino, ci è cascato, finendo, spesso, per diventare il manifesto di un odio e di una violenza che quelli dell’Isis, in confronto, sono mammole.
Il bello è che sono gli stessi a manifestare tale inciviltà e incultura a generalizzare poi i fondamentalismi dell’Isis o dei Talebani a scopo razziale. Solo che quei fondamentalismi sono nati in area di guerre, spesso provocate dai nostri stessi eserciti occidentali, in situazioni critiche, di profonde e ripetute violenze e ingiustizie subite, e dove, come in tutte le guerre, si finisce per sdoganare la violenza.
Questi, nella loro profonda ignoranza e cinismo, non si rendono neppure conto di queste loro manifeste contraddizioni.
E tuttavia occorre dire che, laddove non giunge la cultura politica, ci arriva la società stessa.
L’articolo di Romina Fiore su Sardegnablogger, https://www.sardegnablogger.it/quando-gli-umani-diventano-disumani/ di critica a quelle reazioni razziste, in sole 24 ore ha totalizzato 52 mila visualizzazioni su FB e quasi 2mila condivisioni in totale tra pagina FB e sito. E continua a crescere.
E’ il sintomo di una reazione forte contro quella disumanizzazione crescente e quelle campagne razziste, portate avanti proprio da chi dovrebbe infondere cultura ed educazione.
Esiste anche l’antirazzismo dunque, in una cultura, in Italia, che tende sempre più a polarizzarsi sui due estremi. E tuttavia mi sembra di poter dire che, indignazione a parte, che comunque serve sempre, manca ancora una prospettiva pratica dell’antirazzismo. Oltre alle condivisioni degli opinionisti che tentano di arginare questa marea di merda oscura e disumanizzante, ancora non si sa bene cosa fare per fermare le stragi e per alimentare una buona educazione alla convivenza.
Il programma italiano “Mare Nostrum”, ad esempio, è stato sostituito, con il programma europeo “Frontex”, e i risultati sono questi, decisamente peggiori.
Anche perché, alla base di tutto, c’è la mancata presa di consapevolezza dello sfruttamento di quei luoghi da parte dell’Occidente ricco.
Il nostro antirazzismo, in un certo senso, si ferma dove iniziano le nostre vere colpe.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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