E finalmente, dopo le riunioni e le operazioni preliminari, è arrivato il giorno della prima prova scritta. Loro, i maturandi, sono tutti lì disposti su due file come fossero pullman. Condottieri a cavallo delle loro piccole sedie, di dimensioni esagerate per alcuni e striminzite per altri. Molti hanno lasciato pezzi di sé sparsi sul cuscino e si vede chiaramente, senza sottintesi. Forse quei pezzi arriveranno più tardi a ricomporre l’intero. Forse no. Sguardi che nuotano nella fretta e, nel frattempo, sognano il mare. Teste come discariche di emozioni e occhi pieni di punteggiatura, mentre aspettiamo le tracce.
– Mi raccomando, se scegliete la tipologia B dedicate molta cura all’analisi dei documenti – dico loro, cercando un input sciocco per rinfrescare la struttura del saggio breve.
– Prima che arrivino le tracce, posso andare a fumare? – mi chiede quello con un trinciato incastrato sopra l’orecchio come la matita di un muratore.
– No che non puoi andare – rispondo tassativa.
– Perché? –
– Probabilmente non te ne sei accorto, ma sto dando delle dritte per lo scritto. Credo ti saranno utili fra qualche minuto – e lui, a giudicare dallo sguardo rassegnato, credo trovi soddisfacente la risposta. Infatti torna al suo posto senza tante storie.
Un’altra chiede il permesso per andare in bagno. Rientra e dopo qualche minuto deve andare ancora. E poi ancora e ancora. Almeno cinque volte. La tensione talvolta si diverte a tartassare l’intestino, fino a quando la collega si allontana e torna con una spremuta di limone che riesce a reprimere gli spasmi di quelle budella imbizzarrite.
Ma ecco che a un tratto arriva il Presidente della Commissione, in mano ha i fogli con le tracce. Le distribuisce ai maturandi e torna alla cattedra borbottando, non si capisce rivolto a chi, le solite raccomandazioni: “non copiate, non chiacchierate, state affrontando un esame di stato…”. Quelli non lo ascoltano, si sono già tuffati nella lettura e l’esecuzione della prova accorcerà la strada verso il mare. Allora il Presidente richiama l’attenzione dei maturandi, si sistema i pantaloni afferrando la cintura e tirando su, prima da un lato e poi dall’altro, e io per un attimo penso che potrebbe perfino grattarsi il culo come John Wayne e invece no, non lo fa. Si rivolge a me e dice con tono solenne:
– Se la professoressa di italiano vuole aggiungere qualcosa… –
– Certo, ragazzi non scordate il titolo e la destinazione editoriale –
– La destinazione editoriale? – chiede quello del secondo banco con un’espressione da problem solving.
– Non sai cos’è? – dico, cercando di dissimulare l’enorme sconcerto.
– Eh magari lo so ma non me lo ricordo, provi a spiegarcelo… –
E in quel momento non ho pensato se il collega che ha portato la classe in V sia stato vergognosamente incosciente da non lavorare abbastanza sul tassello più importante del saggio breve oppure abbia dedicato con zelo numerose lezioni ma i ragazzi, come un terreno impermeabile, si siano lasciati scivolare addosso quell’acqua di conoscenza senza trattenerne nemmeno una goccia. Non ho allestito un banco degli imputati né indossato la toga del giudice per distribuire colpe e meriti. Ho osservato con un misto di rabbia e tenerezza quel soldato che si presentava al fronte completamente disarmato.
E, proprio come Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, ho pensato solo una cosa: – Minchia! –
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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