In genere sono dieci minuti: il caffè, la gassata e uno sfoglio di titoli su un paio di giornali, mi alzo, pago alla cassa e vado via. Stamane trovo un paginone che si vuole fare leggere subito, senza neppure sfogliare, silenzioso, nessun tintinnio di piatti e tazzine, caffè e acqua sono già finiti. Si siedono accanto a me tra i tavolini vuoti. Hanno i capelli verdi e rosa, come le signore antiche. E radi, diomio, quanto radi! Che gli vedi il cranio tra le ciocche, a tutte e due. Una sotto gli occhiali ha una gomma sull’occhio, come i bambini con l’ambliopia, e l’altro se lo deterge continuamente e poi si sforza di vedere cosa ha raccolto con il fazzoletto avvicinandolo e allontanandolo sinché non mette a fuoco e fa una smorfia schifata. Ed è quella che ci vede meglio, perché l’altra ha appena avuto un’operazione, si capisce dai discorsi, e l’occhio buono si strabuzza e lacrima per simpatia con quello offeso dal bisturi, dal laser o chissà da che cosa. Insomma, due vecchie cibie a palponi che si sono convinte di trovarsi in un’isola vuota di tavolini al bar e non si sono accorte che proprio attaccato a loro c’è un signore che legge il giornale in silenzio dietro la fioriera. -Ma tuo marito te ne dà ancora? Sollevo la testa. E siccome anch’io ho un’età, pure se non mi tingo i radi capelli di verde e di rosa, mi chiedo se ho sentito bene. L’altra ride controllando il fazzoletto da tracomatosa -E cosa vuoi sapere? Maleducata Ridono entrambe. -A me il mio me ne dava sino a poco prima di morire. -Anche a me. -Ah, allora già te ne dà. -No, il tuo me ne dava anche a me sino a poco prima di morire. Ridono ancora. -Allora adesso mi puoi prestare il tuo. -Se ti piace pieghevole… Ridono come pazze. Ho il sospetto che una delle due abbia anche mollato qualcosa. -Ma perché, non si alza più? -E fatti una pentola di cazzi tuoi. -Magari! Le risate sono convulse, temo che possano stare male. Si avvicina il barista e si ricompongono, lo guardano come a chiedergli cosa voglia ma lui le supera di un passo e arriva al mio tavolo. Mi porge un foglietto -Signor Filigheddu, quel numero di telefono che mi aveva chiesto. Si voltano di scatto, realizzano che vicino a loro c’è qualcuno che le ha sentite, si alzano abbandonando le porcherie dolciastre similcaffè che avevano ordinato e scappano lontano sul marciapiede a gambate storte e larghe, ridendo e guardandosi indietro per vedere se le sto osservando. Ma tanto si vede che non mi vedono. E io ho voglia di inseguirle per dire loro che stiano tranquille, che non ho sentito niente ma che il loro scherzare tra vecchie amiche è gioia contagiosa e a quella che ha ancora il marito che sono certo che il compagno di una donna del genere dev’essere sempre attivo come un riccio. Che vorrei tingermi anch’io i capelli di verde e di rosa. Che vorrei ridere con loro. Il barista le segue con gli occhi, divertito e perplesso. -Boh, non hanno neppure pagato. Ma cosa è successo? -Nulla, pago io.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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