di Maria Dore Avevo lasciato Valeria Parrella nel 2015, dopo l’uscita di Troppa importanza all’amore, con un appuntamento alla prossima opera. Quella raccolta di racconti discutibile, che pareva poco sincera, specie se paragonata a quelle con le quali aveva esordito splendidamente una decina di anni fa. È tornata da poco con un pamphlet dal titolo invitante, Enciclopedia della donna. Aggiornamento. Non volevo fosse un altro appuntamento deludente o non rispettato, come quello di quest’estate quando me la sono persa come ospite alla tappa cagliaritana del festival Sulla terra leggeri. Il nuovo libro me lo hanno fatto trovare come consolazione accanto al pc al quale dovevo restare incollata. Per non parlare di quando non ebbi il coraggio di salutarla le volte che la vidi passeggiare per le strade della sua Napoli. Valeria Parrella ha tutte le carte in regola-voglio usare il presente, sì- per parlare di donne, anche andando oltre la forma del racconto, come mostrato nei romanzi Lettera di Dimissioni, del 2011 e Lo spazio bianco, 2008. Tanto che, ho pensato qualche giorno fa, è lei che vorrei vedere far bella mostra di sé nella bella libreria nel centro di Bratislava, più che i tomi in slovacco di Elena Ferrante. Eppure, anche quest’ultimo lavoro, l’ho percepito come un appuntamento mancato. Si poteva fare molto con un’idea come quella della riscrittura de l’Enciclopedia della donna, serie di fascicoli usciti settimanalmente per la Fabbri Editore negli anni ‘60. Fascicoli che volevano coprire tutto lo scibile dell’ideale universo femminile: la casa, la pulizia, la cucina, il vestiario. Mancava solo una cosa. Sì, proprio quella, state pensando giusto. Quella cosa la Parrella, attraverso la voce della protagonista Amanda la prende, per rimediare a quel capitolo lasciato in bianco. La protagonista lo dice chiaramente all’inizio: “L’enciclopedia della donna non corre questo rischio: tutto quello che doveva dire l’ha detto una volta per sempre. Le manca un unico argomento e in toto. Dall’alpha all’omega di un unico argomento che riguarda intimamente la donna e che nell’Enciclopedia non viene affrontato: la fica”. Eppure. La sostanza non è particolarmente sorprendente. Magari solo per alcuni uomini… Probabilmente, il problema è stato la forma. Che la scelta di un’opera agile e svelta, con meno di cento pagine, servisse a sbeffeggiare l’idea di un’anacronistica e presuntuosa enciclopedia? Ma forse per un’idea del genere serviva più storia, più dei pensieri della, diciamolo, poco simpatica Amanda. La Parrella ci ha svelato molto di più attraverso Clelia e Maria, le protagoniste dei romanzi citati sopra. Rimane comunque percettibile quel suo qualcosa. Quel suo non-raccontare (che noia chi racconta troppo) ma, come detto da lei stessa, suggerire, e quella Napoli: vera, mai caricaturale, sempre normale nella sua unicità. Arrivederci alla prossima, Valeria.
di Maria Dore
Avevo lasciato Valeria Parrella nel 2015, dopo l’uscita di Troppa importanza all’amore, con un appuntamento alla prossima opera.
Quella raccolta di racconti discutibile, che pareva poco sincera, specie se paragonata a quelle con le quali aveva esordito splendidamente una decina di anni fa.
È tornata da poco con un pamphlet dal titolo invitante, Enciclopedia della donna. Aggiornamento. Non volevo fosse un altro appuntamento deludente o non rispettato, come quello di quest’estate quando me la sono persa come ospite alla tappa cagliaritana del festival Sulla terra leggeri. Il nuovo libro me lo hanno fatto trovare come consolazione accanto al pc al quale dovevo restare incollata. Per non parlare di quando non ebbi il coraggio di salutarla le volte che la vidi passeggiare per le strade della sua Napoli.
Valeria Parrella ha tutte le carte in regola-voglio usare il presente, sì- per parlare di donne, anche andando oltre la forma del racconto, come mostrato nei romanzi Lettera di Dimissioni, del 2011 e Lo spazio bianco, 2008. Tanto che, ho pensato qualche giorno fa, è lei che vorrei vedere far bella mostra di sé nella bella libreria nel centro di Bratislava, più che i tomi in slovacco di Elena Ferrante.
Eppure, anche quest’ultimo lavoro, l’ho percepito come un appuntamento mancato. Si poteva fare molto con un’idea come quella della riscrittura de l’Enciclopedia della donna, serie di fascicoli usciti settimanalmente per la Fabbri Editore negli anni ‘60. Fascicoli che volevano coprire tutto lo scibile dell’ideale universo femminile: la casa, la pulizia, la cucina, il vestiario. Mancava solo una cosa. Sì, proprio quella, state pensando giusto. Quella cosa la Parrella, attraverso la voce della protagonista Amanda la prende, per rimediare a quel capitolo lasciato in bianco. La protagonista lo dice chiaramente all’inizio: “L’enciclopedia della donna non corre questo rischio: tutto quello che doveva dire l’ha detto una volta per sempre. Le manca un unico argomento e in toto. Dall’alpha all’omega di un unico argomento che riguarda intimamente la donna e che nell’Enciclopedia non viene affrontato: la fica”. Eppure. La sostanza non è particolarmente sorprendente. Magari solo per alcuni uomini…
Probabilmente, il problema è stato la forma. Che la scelta di un’opera agile e svelta, con meno di cento pagine, servisse a sbeffeggiare l’idea di un’anacronistica e presuntuosa enciclopedia? Ma forse per un’idea del genere serviva più storia, più dei pensieri della, diciamolo, poco simpatica Amanda. La Parrella ci ha svelato molto di più attraverso Clelia e Maria, le protagoniste dei romanzi citati sopra. Rimane comunque percettibile quel suo qualcosa. Quel suo non-raccontare (che noia chi racconta troppo) ma, come detto da lei stessa, suggerire, e quella Napoli: vera, mai caricaturale, sempre normale nella sua unicità. Arrivederci alla prossima, Valeria.
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