Ieri il tribunale di Monza ha condannato Emilio Fede a risarcire Antonello Zappadu, il reporter di Olbia autore di centinaia di fotografie che raccontavano la vita quotidiana di Silvio Berlusconi a Villa Certosa, nel periodo del suo massimo potere politico e finanziario. Foto che rimarranno nella storia d’Italia, comunque la si veda e comunque ci si sia schierati nell’eterno conflitto tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza.
Zappadu denunciò Fede – direttore e conduttore del Tg4 di Mediaset, telegiornale trasmesso su frequenze pubbliche concesse dallo Stato e su una televisione di proprietà di Silvio Berlusconi – perché Fede a più riprese, in un’edizione del Tg4 dell’estate 2009, storpiò il nome di Zappadu, credendo forse di mettere in ridicolo il lavoro di documentazione di Antonello e di difendere il capo del governo, che per puro caso era anche il datore di lavoro di Fede.
Quelle foto non raccontavano momenti di vita privata del capo del Governo, come sosteneva chi volesse sminuirne l’importanza giudicandole materiale di propaganda. Quelle foto spiegavano la degenerazione della politica e come venisse reclutata una certa classe avvenente prima che dirigente, catapultata dal nulla sulle poltrone istituzionali dopo essere passata da Villa Certosa: residenza privata trasformata con un gioco di prestigio in residenza di Stato, perché il suo inquilino potesse fare i suoi comodi. Quelle foto spiegavano il perché l’ex moglie di Berlusconi avesse parlato “di ciarpame senza pudore”, riferendosi al giro di ambigue figure che gravitavano attorno a Berlusconi.
Il tribunale ha deciso che il danno subito da Antonello Zappadu ammonta a diecimila euro. Giustizia è fatta, dunque? Forse. Ma si può dire che quelle foto abbiano corretto il corso della storia?
Fede si gode la sua pensione da giornalista strapagato, sempre a braccetto con il potere del momento, dagli esordi con la Rai all’epilogo col signore di Arcore, un giornalista la cui professionalità scadde sempre più nel cabaret.
Berlusconi continua a contare parecchio nella politica italiana. Meno di una volta, certo, ma solo per questioni anagrafiche e non perché le foto di Zappadu abbiano cambiato la percezione che i suoi sostenitori avevano dell’uomo.
Antonello Zappadu vive in Colombia ed in Italia ci si ricorda di lui solo quando giungono, a distanza di anni, gli esiti della battaglia giudiziaria scatenatagli contro da Berlusconi e i suoi cortigiani.
Credo che Zappadu ben altra considerazione meriterebbe. E non perché è un amico con cui ho condiviso tanti anni di lavoro.
Qualcuno dei telegiornali nazionali parlerà della condanna di Fede? Non credo. Eppure me li ricordo i servizi contro Antonello Zappadu, compreso quello mandato in onda dall’istituzionale Tg1 di Minzolini, come mi ricordo gli incredibili titoli di Libero e Il Giornale contro di lui.
Esattamente 44 anni fa, il 17 giugno del 1972, negli Stati Uniti esplodeva il caso Watergate, prima in sordina e poi con effetti devastanti per il presidente Nixon. Lo si ricorda, ancora oggi, come lo scandalo degli scandali politici. Non tanto per lo spionaggio della sede del Partito Democratico a Washington, ordinata dalla Casa Bianca, ma quanto per il sistema di censure e depistaggi occulta scoperto grazie a quella faccenda, di cui Nixon fu ispiratore.
Watergate e le foto di Zappadu sono di certo cose molto diverse. Ma sono uguali nell’averci mostrato il volto oscuro del potere.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
Inserisci il tuo indirizzo e-mail per iscriverti a questo blog, e ricevere via e-mail le notifiche di nuovi post.
Indirizzo e-mail
Iscriviti
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design