Nelle frequenti dispute sulla Lingua sarda comune, capita spesso di sentir ridurre il gallurese a lingua d’importazione, per così dire, priva di un’autentica origine sarda. Reggendosi sui postulati della scuola di Max Leopold Wagner, i linguisti sardi hanno sempre visto un sardo originario e un altro derivante dalle contaminazioni provenienti dall’esterno dell’Isola: il gallurese appartiene a questa seconda classe, perché comunemente ritenuto come il risultato del mescolarsi del Corso con il substrato logudorese parlato anche nella Sardegna settentrionale. A confutare questa teoria ha dedicato l’ultima parte della sua vita l’intellettuale gallurese Emilio Aresu, nativo di Palau, formazione da filosofo, trascorsi da giornalista e profonda passione per la linguistica. Secondo Aresu, il gallurese è una lingua con dignità e autonomia proprie, nata in un’epoca storica ben antecedente le migrazioni dei corsi nel nord della Sardegna. Tesi ampiamente illustrata nel “Dizionario minimo Sardo Corso Siciliano – corrispondenze nel Gallurese”, pubblicato dall’editrice Taphros di Dario Maiore. Se le affinità con il Corso sono ben note, cosa c’entra invece il Siciliano con il Gallurese? Andiamo a pagina 68 del Dizionario per trovare non una semplice risposta al quesito ma, racchiuso in poche righe, il manifesto del saggio di Aresu: “Il Sardo settentrionale (sassarese, anglonese, gallurese) non è sic et simpliciter un sistema linguistico sopraggiunto nell’Isola dalla Corsica su un territorio di parlanti logudorese, né in epoca Moderna né sul finire del Medioevo, come sostiene la linguistica sarda tradizionale in seguito alla scolastica adozione dello schema postulato dal Wagner nel secolo scorso. Si tratta piuttosto di un insieme peculiare, definito e strutturato, evolutosi in un periodo di tempo necessariamente più lungo, all’interno di una corrente di relazioni internazionali (euro-mediterranee) determinatesi tra l’arco franco-iberico (Catalogna, Provenza) e la Sicilia. Tale corrente (che include la Corsica, la Liguria e non esclude la Calabria) affonda le sue radici nell’Età antica, e vede la partecipazione, per sovrapposizione o per contatto, di più parlate provenienti dal Continente europeo e dalla Penisola italiana (latino ed espressioni neolatine). Per le stesse ragioni, nessuno degli elementi partecipativi può essere considerato come una matrice esclusiva, per generazione o per irradiazione primaria […]”. Insomma, una lingua internazionale, nata in un lontano passato lungo le rotte dei commerci mediterranei, non la figlia illegittima di un codice maggiore e sovraordinato. Aresu esamina diverse centinaia di parole sarde, corse, siciliane e le raffronta con le corrispondenti galluresi per trovare conforto alla sua tesi. Una tesi già sostenuta in passato da un altro studioso gallurese, il giornalista e scrittore Gian Carlo Tusceri, autore di una tagliente prefazione, così come acuminato è l’intervento di un altro nome noto della cultura gallurese come Quintino Mossa. Entrambi i contributi sono pervasi da una polemica contro la linguistica ufficiale sarda fossilizzata sulle posizioni di Wagner e convinta che l’imposizione della Lingua sarda comune sia funzionale all’autodeterminazione sarda. Aresu contesta con forza questa posizione, poiché finisce col mortificare le parlate locali ed acuire le divisioni, anziché sedarle. Non è questa la sede per stabilire chi abbia ragione chi abbia torto. Certo, quello di Aresu è un formidabile contributo al dibattito di cui occorrerà tener conto, che alla linguistica ufficiale piaccia o no.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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