Certo, se hai vent’anni è meglio.
Ma spesso è solo una scusa, l’età. Perchè quella “vocina” non ha età e non bada certo alla tua, puoi sentirla in ogni momento della tua vita e sarebbe davvero un peccato non starla ad ascoltare, non darle peso o, addirittura, pensare di “essere pazzi”.
Già, può succedere a chiunque che “nel bel mezzo del cammin di nostra vita”, ad un certo punto, quando siamo presi (non bene) dalla nostra routine, dalle nostre abitudini, dal nostro lavoro come dalla nostra “attempata” inoccupazione -sempre gli stessi sempre quelli- quella famosa vocina ci suggerisca, ossessivamente e ripetitivamente, di cambiare registro, di cambiare vita.
“Una parola!” É il primo pensiero, di solito. Così che per molti quella vocina si spegne lì, il peso di pensare di mollare tutto, il lavoro o un affetto, gli amici o la propria casa li sovrasta, rendendoli sordi a quel richiamo. Sugli effetti che queste rinunce comportano ci stanno studiando da tempo, ma sinora l’unica certezza scientifica è che non dare retta a quella vocina può diventare anche molto pericoloso, dannoso per noi. Mentre per altri quel ritornello ricorre, giorno dopo giorno sino a diventare un tarlo che ci trapana la mente e non smette sino a che, finalmente, non le diamo retta, almeno un po’.
C’è allora, chi si accontenta di buttarsi a fare qualcosa di insolito ma leggero, di mai fatto prima, tipo dedicarsi allo yoga o al tiro con l’arco e, per un po’, la vocina scompare. C’è poi chi, conscio del fatto che quella che sta vivendo non sia “vita”, non se lo fa ripetere troppe volte, quel ritornello che invita a cambiare. E lo asseconda. Mi è successo qualche volta, ed io sono uno di quelli a cui, adorando i cambiamenti, le innovazioni e le riconversioni, è bastata sempre una sola volta, al massimo due, di ascoltare quel consiglio ed abbracciarlo, metterlo in pratica e lasciare tutti i trascorsi alle spalle per percorrere strade mai percorse, per confrontarmi con nuovi luoghi e nuove esperienze, nuove persone.
Il periodo non è dei migliori, ma i periodi migliori non si aspettano, gli si va in contro, li si costruisce e realizza con i nostri cambiamenti o il rischio è di non realizzarsi mai, di non andare oltre ciò che si è raggiunto e che comunque -se sentiamo quella vocina- evidentemente non ci soddisfa del tutto o per niente ma restiamo lì.
Pigrizia? Paura?
Sto conoscendo le storie di molte altre persone che, a quella vocina, le hanno dato retta, non l’hanno fatta attendere e quel passo lo hanno fatto. Pochi di loro (quasi nessuno) è oggi deluso o rimpiange qualcosa, quasi tutti sentono invece una forza ed un coraggio ben più solidi e consapevoli di prima, dopo quel “passo”. Giovani che si sono lanciati in viaggi incerti, pieni di insidie, di ignoto e sono riusciti a realizzare cose che nemmeno avevano, nella condizione precedente, capacità di immaginare. Hanno salito il primo gradino di una scala che a loro sembrava ripidissima, ed alla fine si sono ritrovati in cima. Succede anche in questi tempi di crisi e di disperazione, crisi economica e di valori, quindi “esistenziale” per tanti, succede ogni giorno e nessuno se ne accorge se non i diretti interessati, che per fortuna poi raccontano.
Chi è finito in Australia o chi ha fatto solo qualche chilometro, chi ha lasciato poche cose o soltanto un vizio e chi ha lasciato proprio tutto, comprese professioni e status economici invidiabili, per dedicarsi a qualcosa di davvero importante, le proprie aspirazioni e aspettative, a “se stesso nel mondo”.
Ad alcuni capita che quella vocina, sempre la stessa, urli e suggerisca a volte di tornare indietro, quando il passo che si sta per fare non è migliore di quelli fatti sin lì, ma è davvero difficile che quella vocina si sbagli, perché lei è la voce di tutte le cose che abbiamo, per una ragione o per l’altra, assopito, respinto nel profondo del nostro animo, della nostra coscienza ed alla fine esplodono, ma siamo noi ad implodere.
A quel punto, quella pulsione, quella voglia di cambiamento troppo a lungo inattesi potrebbero pure farci commettere dei gravi errori, fare del male a qualcuno o a noi stessi, quando andiamo oltre il significato di quel suggerimento o quando lo reprimiamo per troppo tempo, questo va evitato sempre. Bisogna imparare anche la pazienza dell’attesa, quando non si hanno le condizioni minime e/o i mezzi ideali per farlo nel migliore dei modi, quel passo, ma senza mai dilungarsi troppo.
A quella vocina bisognerebbe darle ascolto sempre, imparare a conoscere le sue richieste e soddisfarle nel miglior modo possibile, chè a chi non sa cambiare, a chi non sa accettare le trasformazioni, anche totali, la vita ha davvero poco da raccontare ed insegnare, se non ogni giorno la stessa, identica lezione, gli stessi malesseri e stanchezza. La stessa noia.
Non credo che tutto questo possa piacere a nessuno, mentre sono certo che, in ogni caso, muovere quei passi verso un ignoto che, in fondo, poi così ignoto non è, sia semplicemente “vivere”, mentre tutto il resto è un po’ come vegetare.
A dare retta alla propria “vocina”, ci si può rendere facilmente conto che non è il “partire“, ma piuttosto il “restare“, ad “essere un po’ come morire“.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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