Su L’Unità del 27 gennaio 1993 trovo, nella pagina degli spettacoli, un pezzo che annuncia l’uscita di un Home video su vita, opere e poetica di Elio e le Storie Tese.
Io me lo ricordo il tempo in cui per la prima volta ascoltai Elio e le Storie Tese.
Cercavo di fare lo speaker per la radio del paese e un giorno mi ritrovai tra le mani questo vinile che aveva, in copertina, la faccia di un nero semicoperta da un caschetto di capelli biondi e un titolo incomprensibile, che poi scoprii essere una sporcaccionata scritta in senegalese.
Era la fine degli anni Ottanta. Poi vennero gioielli come Servi della Gleba e il Pippero, perle di un genere tutto loro.
Sembravano veramente qualcosa di mai sentito prima, avevano il potere dissacrante degli Squallor ma un registro diverso. Parlavano serenamente di John Holmes e dei suoi trentacinque centimetri di dimensione artistica e non facevano sconti, ogni sconcezza era ammessa nei loro testi.
Si imposero presto perché privi di filtri, ma anche perché possedevano autentico talento musicale e una superiore capacità di leggere il reale.
Negli anni questo spirito alternativo ha resistito, si è forse anche rafforzato con tutti gli inevitabili compromessi col sistema che ad un certo punto bisogna accettare.
Ho sempre considerato Stefano, Rocco, Faso e Cesareo indipendenti ed autonomi, troppo intelligenti per prendersi fino in fondo sul serio.
Però io non riesco più a considerarli diversi da qualunque altra stella del firmamento musicale che cerchi di capitalizzare al massimo la propria fortuna.
Mi succede da quando vedo le loro facce apparire puntualmente ad ogni turno di spot di ogni emittente, pubblica e privata.
Prima furono i biscotti, poi è arrivato lo yogurt contro il colesterolo, adesso questo sgradevole esercizio di assonanze sul tasso di interesse garantito dalla banca di cui sono testimonial.
Erano genialmente demenziali, oggi li trovo volgarmente commerciali.
Fare soldi con la pubblicità è una scelta, ma dagli Elio non me la sarei mai aspettata. Mi sembravano davvero incompatibili con il marketing, con le imposture dei piazzisti costretti a venderti qualcosa.
E se anche qualcuno mi dicesse che i cachet per le loro partecipazioni vengono devoluti in beneficenza – non lo so, butto là l’ipotesi – ciò non attenuerebbe la mia delusione.
Mi rattristai quando nel 2018 annunciarono il loro scioglimento. Ora sono triste perché vero scioglimento non fu.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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