A Olbia, qualche giorno fa, l’assessora all’istruzione Sabrina Serra ha inviato una lettera ai Dirigenti Scolastici dove, in vista delle vacanze natalizie, chiedeva di alleggerire il carico di lavoro per gli studenti costituito dai compiti a casa.
Non ha proclamato “Niente compiti”, come invece titolava la testata che ha dato la notizia, perché sicuramente sa che né un assessore né nessun altro ha il potere di farlo: la libertà d’insegnamento, inclusa la quantità di esercizi di consolidamento da svolgere a casa, è sancita dall’art. 33 comma 1 della Costituzione.
Però è stata furba, questo sì.
Ha raccolto e coccolato il malcontento che numerosi genitori mostrano da sempre verso i compiti assegnati ai loro figli e, cavalcando una demagogia pedagogicamente deleteria, ha espresso il suo punto di vista incitando al disimpegno che, casualmente, va a lusingare proprio quella pruriginosa insofferenza genitoriale.Non discuto il dissenso, che è pur sempre un’opinione dilettante, condivisibile o no, che al limite andava espresso sottovoce e come parere personale, non come consiglio ufficiale a chi nella scuola lavora da decenni.
La nevralgica quaestio dei compiti per le vacanze non stupisce più, si ripropone puntuale ogni sei mesi: dicembre e giugno. Ma se io fossi assessore all’istruzione e decidessi di mandare una missiva ufficiale cambierei destinatario e contenuto: la indirizzerei invece ai genitori per dire loro che nella mia ottica di assessore, in virtù dell’importanza dell’incarico che ricopro, sarebbe inammissibile una scuola che non mostri la doverosa attenzione verso quella forma domestica di controllo, ricapitolazione e riassunto delle attività svolte in classe.
Sottolineerei l’antico e saggio precetto secondo cui Repetito Est Mater Studiorum affinché gli studenti il cui senso di responsabilità, vista l’età acerba è comprensibilmente ancora in embrione, venga stimolato e tonificato da mamma e papà.
Ricorderei che lo studio individuale e autonomo è da valorizzare e curare perché indispensabile nel processo che lega il soggetto all’oggetto della conoscenza.Citerei un meraviglioso passo di Antonio Gramsci in Lettere dal carcere che, straordinariamente attuale, spiega e dirime ogni dubbio.
“Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza. La partecipazione di più larghe masse alla scuola porta con sé la tendenza a rallentare la disciplina dello studio, a domandare facilitazioni. Molti pensano che le difficoltà siano artificiose […] occorrerà resistere alla tendenza di rendere facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato.”
Poi credo che rileggerei la mia missiva, la appallottolerei e la lancerei nel cestino perché non sono un assessore e, irremovibilmente convinta che ognuno debba occuparsi della professione per la quale si è formato, non azzarderei mai una così maldestra e massiccia invasione di campo.
Perché il rispetto per i mestieri altrui me l’ha insegnato anche la scuola, inclusi i suoi compiti a casa.
La piccola Romina nasce nel '67 e cresce in una famiglia normale. Riceve tutti i sacramenti, tranne matrimonio ed estrema unzione, e conclude gli studi facendo contenti mamma e papà. Dopo la laurea conduce una vita da randagia, soggiorna più o meno stabilmente in varie città, prima di trasferirsi definitivamente ad Olbia e fare l’insegnante di italiano e storia in una scuola superiore. Ma resta randagia inside. Ed è forse per questo che viene reclutata nella Redazione di Sardegnablogger.
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