Le cose, più o meno in questo paese funzionano così: se qualcosa va bene è merito nostro, altrimenti la colpa è degli altri. Chi siano gli altri è facile da comprendere: il tuo vicino di casa, l’assessore che, chiaramente non hai votato, il consigliere regionale, il governo, i sindacati, la confindustria, l’Europa, la chiesa, gli americani, gli zingari e i gli extracomunitari. Dipende da cosa si parla e l’ordine delle colpe chiaramente si modifica. C’è poi un’altra visione esterofila di quello che accade: dalle altri parti tutto funziona. Lo si dice per i trasporti, gli aerei, i musei, i ristoranti (si spendono solo 10 euro, dalle altre parti) e lo si dice mica a ragion veduta (qualche viaggio di qualche parente o amico) ma solo perché dobbiamo comunque esprimere il nostro giudizio che, ovviamente deve essere negativo anche se non abbiamo le prove. In questi giorni, in Sardegna, è divampata la polemica sui rifiuti abbandonati e tutti si sono precipitati a raccontare la “vergogna” di un’isola sporca e in preda ai vandali. Però, a dire il vero tutto questo l’avevo già vissuto. Ad Alghero, per esempio, negli anni settanta e ottanta si andava al “Cantar” e al “canal de l’oma mort” a gettare reti, materassi e lavatrici. Era un modo per sbarazzarsi del vecchio nonostante a quei tempi di “vecchio” ne girasse sicuramente meno. Il problema è dunque squisitamente nostro: i nostri genitori gettavano i rifiuti dal ponte, poi noi e i nostri figli. Probabilmente lo faranno anche i nostri nipoti. Perché è una questione di “cultura”, essere convinti che il territorio è nostro e nel luogo considerato “lontano” tutto si può buttare. Quando però è apparsa la raccolta differenziata tutti abbiamo pensato che fosse tutto semplice. Basta seguire i colori dei cassonetti: dividere la plastica dalla carta, le lattine, l’umido e l’indifferenziato. Non era semplice. Non lo era affatto. La gente, quella che se la prende con l’assessore perché la città è sporca accusa, guarda caso, sempre l’assessore perché la differenziata è una cosa difficile e non serve a niente. Addirittura c’è chi scrive che l’introduzione della raccolta differenziata doveva portare ad un abbattimento delle spese. Ma così non è stato. E quindi la differenziata sembrerebbe inutile perché non ci fa risparmiare. Non sono un profondo conoscitore della questione ma ho girato un po’ di luoghi e devo ammettere che “tutto il mondo è paese”. E’ vero che i famosi tedeschi o svedesi hanno le città più pulite, utilizzano il “peso” della spazzatura e quindi più differenzio meno pago, ma è pur sempre vero che gli stessi tedeschi e svedesi quando camminano sul selciato dei fori imperiali buttano la carta per terra. Questo significa che hanno una buona capacità d’adeguamento. Roma è sporca non per colpa dei romani (o, comunque, non solo). Fateci caso: a Piazza Navona, vicino alla barcaccia è pieno zeppo di lattine, così come ai bordi del Colosseo, Piazza di Spagna, Largo Argentina, Pantheon. Tutti luoghi dove transitano tutti i giorni moltissimi turisti, gli stessi che nel loro paese mai butterebbero o lascerebbero lattine sparse per la strada. Ed erano turisti (seppure teppisti a seguito di una squadra di calcio inglese) quelli che, ubriachi, hanno sfregiato la fontana di Piazza Navona. Dovremmo mettere più vigilanza? Certo, ma la vigilanza ha un costo e qualcuno quel costo lo deve pagare. Il problema non è della politica (intesa come uomini che ci governano) ma è politico, inteso come cultura politica. Partiamo dal presupposto che una città pulita è una città bella ma ricordiamoci che non si mantiene pulito e bello il nostro quartiere se si vomita la spazzatura nel quartiere degli altri (o in campagna). Abbiamo un ritardo culturale da colmare. Nelle scuole, per esempio è da pochissimo che si insegna ai bambini l’importanza di “differenziare”. Dovremmo cominciare ad imparare da loro e davanti al tedesco o francese che abbandona la lattina davanti al museo proviamo a dire se nel suo paese si comporterebbe nello stesso modo. Noi, che di turismo ci viviamo dovremmo essere i primi, in spiaggia, a raccogliere tutti i nostri rifiuti. Il buon esempio, come il cattivo, è sempre contagioso. Gli altri utilizzando dei metodi molto sofisticati per differenziare con controlli metodici e con una stretta vigilanza. Gli altri pagano più o meno quanto paghiamo noi ma dividono il costo in un altro modo: si paga la metà per la tassa sui rifiuti, l’altra metà, invece serve per pagare vigilanza e organizzazione. Alla fine spendono sempre cento ma ottengono un altro risultato. E’ solo questione di organizzazione. E dalle altre parti, quelle più menzionate, Svezia, Svizzera, Germania, Finlandia, le tasse le pagano tutti ed il gioco funziona bene e se li tributi non si pagano non date la colpa agli altri. Gli altri siamo noi o, comunque, sono tra noi.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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