Devo ringraziare mio fratello che mi ha fatto apprezzare Gigi Radice. Correva l’anno 1975 e il Torino era una squadra incredibile : c’erano Pulici, Claudio e Patrizio Sala, Zaccarelli, Graziani, Castellini e Salvadori. Quei ragazzi con Gigi Radice fecero l’impresa e vinsero il settimo scudetto, il primo (e finora unico) vinto dopo la tragedia di Superga. Conquistarono il podio all’ultima giornata con due punti di vantaggio sulla Juve sconfitta 1 a 0 a Perugia e fu proprio Gigi Radice a portare quella stranissima squadra a raggiungere la vetta del campionato di serie A. Mio fratello amava quella squadra, amava Ciccio Graziani e Pulici e amava Claudio Sala, il poeta. L’amava perché probabilmente non poteva fare il tifo per la Juve, l’amava perché a volte il pallone è passione misteriosa e cammina su strade contorte e complesse, ma bellissime. Gigi Radice, quel terzino sinistro che vinse due scudetti da calciatore e una coppa dei campioni con il Milan, quel contorto terzino sinistro che dovette abbandonare la carriera dopo un grave infortuno al ginocchio. Fu un allenatore con pochi sorrisi – o, almeno, così lo ricordo – e fu un allenatore che fu esonerato da Cellino prima che il campionato di calcio del Cagliari nel 1993 cominciasse. Fu un allenatore solitario, un operaio che lavorava nelle vecchie officine quando si sentiva l’odore dell’olio e del motore. In 127 presenze come terzino sinistro segno un solo gol, nel 1961 con il Milan, come i difensori di una volta che difficilmente andavano oltre la propria linea di centrocampo. Ho un bel ricordo di lui, per merito di mio fratello e non solo: fu un uomo di altri tempi, quando il calcio era geometria inesatta, quando si poteva vincere o perdere con chiunque, quando ci si poteva permettere di vincere un campionato con bravi giocatori e con un solo poeta: Claudio Sala. Gigi Radice è figlio dei miei tempi e cominciò a comprendere che era importante giocare con un pressing a tutto campo. Aveva raggiunto le 83 primavere e segnò un solo gol. Ci sono uomini che difendono ed altri che attaccano. A volte nella vita tendiamo a ricordare sempre chi ha segnato il gol e ha fatto vincere la squadra. Gigi Radice, viveva nella solitudine del terzino: portava a casa il risultato senza mai segnare. Però nel campo c’è sempre stato. Ringrazio mio fratello per avermi fatto innamorare di Gigi Radice e di quello strano Torino: a volte basta poco per raggiungere la felicità. Grazie Gigi.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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