Nel 2006 Israele arrestava 60 funzionari di Hamas. Se vogliamo un arresto ingiusto, considerando le gravi violazioni al diritto internazione che, secondo gli osservatori sui diritti umani tra cui Amensty International, Israele perpetua continuamente ai danni dei palestinesi. Violazioni che consistono nella limitazioni della libertà personale, espropriazioni di terre, limitazione dell’uso dell’acqua, fino all’arresto di minorenni, anche bambini, come ampiamente documentato. Per non parlare di altri abusi, delle percosse ingiustificate, degli omicidi, e altro ancora. Tutto documentato. Vengono dunque arrestati i militanti di Hamas. Un arresto unilaterale, ingiusto e ingiustificato, ma sempre meno ingiusto dei bombardamenti indiscriminati ai quartieri dove vivono le famiglie, sempre meglio delle bombe sui civili inermi, della distruzione di interi quartieri, delle morti di donne e bambini. Israele ha uno dei servizi segreti più efficienti del mondo, il Mossad, e un esercito molto potente. E’ verosimile che sappia benissimo chi ha ucciso i 3 ragazzi israeliani la cui morte ha scatenato questo massacro per rappresaglia, e ha dimostrato di conoscere molto bene la localizzazione dei militanti di Hamas, i loro covi, le loro basi. Potrebbe ripetere l’operazione del 2006 e fare una retata, arrestarli. Eppure preferisce uccidere donne e bambini di fronte al mondo. Perché? Israele vuole costituire uno stato perfetto, che sia il più grande e omogeneo possibile. Per i palestinesi l’obbiettivo è, nell’ordine prioritario, sopravvivere, avere uno straccio di futuro, recuperare una dignità minima di stato nazione, orizzonte ormai molto lontano. Israele è enormemente più forte della Palestina, e farà di tutto per perseguire questi obbiettivi, a scapito dei palestinesi. Per Hamas, invece, la posta in gioco è politica. Devono fare in modo di farsi riconoscere, di fare “qualcosa”. Devono rappresentare il popolo palestinese e, sputando i loro inoffensivi razzi, cercano di far vedere che sono operativi. Hamas cerca, in qualche modo, di trasformare in potere politico la folle, cieca rabbia di chi ha perso tutto, la terra, la casa, di chi ha visto i figli uccisi, arrestati, di chi non vede la luce in fondo al tunnel. Così facendo, Hamas fa, forse senza volerlo, il gioco di Israele. Ora, vorrei dire. Io non so se, dentro questo pensiero unico dalla quale siamo soffocati a causa degli intrecci strategici ed economici che legano Israele al nostro mondo, qualcuno ha avuto il coraggio di dirlo apertamente. Io non so se qualcuno ha avuto il coraggio di dirlo apertamente perché, oltre ad andare contro i nostri interessi concreti, non è una cosa bella da pensare. Il nemico degli israeliani non è Hamas. Il nemico degli israeliani è il popolo palestinese. Il nemico degli israeliani sono quei bambini che giocano a palla nella piazza, i ragazzini con la fionda in una mano e i libri nell’altra, le donne che vanno alla fontana, i contadini palestinesi aggrappati alla terra dei loro avi, i pescatori con le loro barchette di legno putrido. Questi sono i veri nemici degli israeliani. Ma nessuno ha il coraggio di dirlo. Il problema sono loro e infatti sono loro a morire. Essi sono un ostacolo che impedisce di completare il sogno di un perfetto stato nazione. La loro presenza è un problema, un impedimento ai progetti di una patria perfettamente congeniale ad un popolo che da millenni l’agogna. Ecco perché Hamas, in realtà, è funzionale alla strategia occupazionale israeliana; è, forse senza volerlo, il suo migliore alleato, perché offre dei comodi pretesti. Ecco perché, senza un intervento internazionale, gli israeliani proseguiranno a tempo indeterminato verso la restrizione crescente dello spazio vitale dei palestinesi. E a noi toccherà ancora di assistere a queste atrocità.
Fiorenzo Caterini, cagliaritano classe '65. Scrittore, antropologo e ambientalista, è studioso di storia, natura e cultura della Sardegna. Ispettore del Corpo Forestale, escursionista e amante degli sport all'aria aperta (è stato più volte campione sardo di triathlon), è contro ogni forma di etnocentrismo e barriera culturale. Ha scritto "Colpi di Scure e Sensi di Colpa", sulla storia del disboscamento della Sardegna, e "La Mano Destra della Storia", sul problema storiografico sardo. Il suo ultimo libro è invece un romanzo a sfondo neuroscientifico, "La notte in fondo al mare".
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