Dopo 17 anni il perfido arbitro Moreno ammette che il fallo commesso su Zambrotta era da cartellino rosso. Ma lui, che arbitrò malissimo la partita del mondiale 2002 tra Italia e Corea, non fischiò proprio nulla. Neppure un giallo. Il fatto che il perfido Moreno ammetta i propri errori è, a suo modo una notizia in un paese dove siamo tutti complottisti e molti di noi, quel giorno, videro una macchinazione scientifica contro la nazionale azzurra che avrebbe poi vinto nel 2006 i mondiali in Germania. Quella partita, ovviamente, non si può più giocare e non è più possibile squalificare o condannare a chissà cosa il perfido Moreno che rimane, appunto, perfido. Non è più un arbitro e non può più costruire complotti. Zambrotta è un ex giocatore è tutto è finito nel dimenticatoio. E allora perché ne parliamo? Solo per ricordare come il tempo riesca – perfidamente, è il caso di dirlo – a cancellare tutto, ad addolcire gli animi, a curvare gli spigoli. Solo in politica – e probabilmente solo in Italia – non possiamo recuperare la memoria perché le storie sono ormai passate e superate dagli eventi. Tra gli sportivi c’è ancora chi ricorda il gol annullato a Turone o il rigore inesistente regalato alla Juve contro il Cagliari nel 1971. Poi però se proviamo a parlare di quarantanove milioni che un partito ha dimenticato di restituire veniamo accusati di complottismo. Siamo rosiconi e Moreno, a questo punto fece bene a non fischiare quel fallo. Se il governo dovesse decidere di aumentare l’IVA, davanti ai rimbrotti dell’opposizione suggerisco a Di Maio e a Salvini un bel: “e allora Moreno?”
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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