Il 21 febbraio del 2020 debuttava il Corona virus anche in Italia. A Codogno il primo italiano risultava positivo al test sul Covid-19. Nello stesso giorno moriva il settantottenne Adriano Trevisan di Vo’ in provincia di Padova. Sono passati due anni convissuti con la pandemia. Che cosa abbiamo imparato? Ecco un breve ma non esauriente decalogo di una fotografia ancora purtroppo mossa.
Abbiamo imparato:
a immaginare i sorrisi dietro una mascherina;
a misurare le distanze fisiche dalle persone;
a utilizzare la musica come strumento di liberazione;
a barcamenarci tra virus, retro-virus, pandemia, endemia,
a credere negli esperti
a non credere negli esperti
a sperare nel vaccino
a pregare per il vaccino
a fare la fila per un vaccino
ad avere dubbi sul vaccino
a dubitare delle grandi ditte farmaceutiche
ad avere in tasca il green pass
a contestare il green pass
a fare la fila fuori nei negozi
a protestare per una giusta causa
a contestare chi protestava per una giusta causa
a misurare la libertà
a convincerci che la nostra libertà è sacra ed inviolabile
a non saper misurare i limiti delle nostre libertà
a contare i morti
a pensare che non fossero morti di covid
a mettere in dubbio le notizie
a scrivere di covid
a leggere di covid
a convivere con il covid
a diffidare del covid
a ripartire nonostante il covid.
Dovevamo uscirne migliori e potevamo uscirne migliori. Sono passati due anni da quel 21 febbraio che ci ha modificato le vite. Siamo rimasti così: non nitidi, non troppo chiari, come una fotografia mossa, come una serata di novembre dove si attende un’alba migliore. Siamo rimasti così, a guardarci in cagnesco, a dire che tutto è sbagliato, tutto da rifare. A mantenere le distanze, a non sorridere più anche senza mascherina, ad osservare gli aerei che disegnano rotte solitarie. Siamo rimasti soli e da questo silenzio dovremmo ripartire superando i rumori dei pensieri sbagliati e dirci che in fondo possiamo ancora credere nell’universo umano.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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