Riporto la sintesi di un colloquio telefonico intercorso nei giorni scorsi tra chi scrive (di seguito “Io”) e un’impiegata di un Ufficio Asl (di seguito “Uffa”).
Io: “Buongiorno!”
Uffa: “Dica!”
Io: “Buongiorno! Senta, mio cognato Sebastiano ha ricevuto una convocazione dal vostro ufficio: è arrivata una lettera in cui mi pare gli si chieda di dimostrare che tra il 1 maggio 2011 e il 31 dicembre 2011 era invalido. Dico “mi pare” perché la comunicazione non è chiarissima, a me risulta quantomeno poco comprensibile”.
Uffa: “Guardi, si tratta di verifiche incrociate che stiamo svolgendo per accertare che in quel periodo tutte le prestazioni siano state erogate regolarmente e che chi ne ha usufruito ne avesse diritto. Quindi suo cognato è tenuto a venire qua con tutta la documentazione.
Io: “Bene, io glielo porto mio cognato. Tenga conto che ha la sindrome di down e l’ha sempre avuta, per tutti i 36 anni della sua vita, compreso il periodo tra il 1 maggio e il 31 dicembre 2011”.
Uffa: “Non vogliamo mancare di rispetto a nessuno, ma per noi gli utenti sono solo dei nomi. Porti il verbale medico in cui si certifica l’invalidità e tutto sarà risolto: ci vediamo in ufficio!”.
Io: “A presto!”
Domanda: ma possibile che i vari uffici della nostra imponente macchina burocratica non parlino tra loro per evitare ad un disabile al 100 per cento di dover dimostrare di essere disabile al 100 per cento? Possibile che non si possano scambiare una telefonata o una mail per risparmiare ai familiari del disabile umiliazioni e disagi?
Possibile non si pensi che non tutti i disabili hanno parenti in grado di mettersi in auto e viaggiare per trenta chilometri, solo per dimostrare che il loro congiunto è disabile e non in grado di provvedere a sé stesso?
Una risata di Sebastiano vi seppellirà.
Ps: nel 1995, quando aveva 17 anni, a Sebastiano venne recapitata la cartolina per presentarsi alla visita di leva militare, a La Spezia. Anche allora fu necessario dimostrare la sua invalidità. Certa burocrazia, invece, non è mai tenuta a dimostrare la sua utilità.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Cara Cora (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design