Perché amiamo la velocità? Non è qualcosa legato al tempo. Sarebbe troppo semplice. E semplicistico. Si corre per sfidare il vento, per sentirselo vicino. Probabile. E’ l’adrenalina che ci assale. Il rumore dei motori: assordante, denso, avvolgente. E l’odore di olio bruciato che solo chi macina chilometri nelle piste riesce a sentire. Perché è l’essenza della velocità. Riuscire ad infrangere quel muro tra l’imponderabile e l’impossibile. Pochi, almeno credo, sanno chi era Maria Teresa de FIlippis, morta ieri all’età di 89 anni. E cosa c’entrasse una donna d’altri tempi, quasi prima del motore, con la velocità. Eppure fu la prima donna a sfidare gli uomini nel terreno che da sempre e quasi per sempre è di prerogativa maschile: correre come pilota nelle monoposto di formula1. Eccola la velocità, quella che non permette di riflettere, di ragionare, puoi solo decidere d’istinto. Tutte cose complesse nell’arco dei secondi. Tutte cose alla portata di tutti. E di tutte. La contessa De Filippis, napoletana, era nata all’ombra del Vesuvio e anche quello doveva far parte del suo destino. Esordì in formula 1, nel 1958, quando non ero ancora nato. Aveva una Maserati 250 F al Gran Premio di Monaco. Non ottenne la qualificazione ma si tolse la soddisfazione di arrivare prima di un certo Ecclestone, oggi padrone assoluto della Formula 1. Riuscì a correre in Belgio, a Spa, in quella pista umida e quasi sempre bagnata. Arrivò decima al traguardo. Ma arrivò. Corse anche a Monza senza tagliare il traguardo. Si ritirò l’anno successivo, non per paura ma perché, almeno così lei disse “sono morti troppi amici”. E’ una piccola storia che nessuno ricorda questa, abituati come siamo ad osannare campioni celebrati che, come si dice in gergo “hanno fatto la storia” di qualcosa. Invece, la contessa De FIlippis andrebbe celebrata, eccome. Fu la prima donna a sfidare il vento, a giocare con il tempo, a superare molte insidie di uno sport troppo maschilista. Dentro la storia e tra il vento e il cielo oggi corre Maria Teresa De Filippis. Senza produrre troppo clamore.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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