Dolly sollevò la palpebra di celluloide e scoprì l’occhio di vetro soffiato. Era quasi buio. Solo il barbaglio giallastro dei fanali si insinuava tra le stecche rotte delle persiane. Arricciò il nasino offeso dalla folata di cacca nuova di piccione che sul davanzale della finestra si ammucchiava sopra la cacca secca. Tutto era immobile nelle stanze abbandonate del vecchio appartamento di piazza Azuni. E sollevò l’altra palpebra. Dolly era nata il 20 dicembre del 1942. Quello, almeno, era il giorno in cui dal negozio di Tomè venne trasferita al primo piano della casa a fianco. Nella cassapanca rimase per quattro giorni involta nella carta velina dentro una scatola di cartone nascosta sotto un mucchio di asciugamani da corredo a pizzi che nessuno aveva mai usato. Si annoiava molto. La notte della Vigilia una signora dalla vestaglia di seta damascata verde e un signore in giacca da camera di cammello e pantofole di pelle nera aprirono la cassapanca, liberarono Dolly dalla carta velina e la sistemarono accanto al presepio, in piedi, che i contrappesi di piombo mantenessero i suoi occhi bene aperti. Si guardò intorno e studiò la sua nuova casa. Il presepio aveva poche statuine ma grandi quasi quanto lei. Un presepio da chiesa. C’era il gruppo della natività con il Bambino e le bestie. La Madonna e San Giuseppe avevano abiti più modesti di quelli dei due signori che aveva appena conosciuto: erano inginocchiati a rimirarsi il figliolino con aria rapita, le sembrarono un po’ scemi. Dolly si chiese se anche lei sarebbe stata accolta così. I due signori andarono via. Li seguì con gli occhi e vide le loro ombre accanto a quella di una bambina seduta sul letto. Udì che le dicevano di dormire perché altrimenti Gesù Bambino non sarebbe arrivato. L’uomo e la donna spensero le luci, andarono nella loro stanza e chiusero la porta. La bambina appoggiò il capo sul cuscino e dopo pochi minuti Dolly udì il suo respiro regolare. Tutti adesso dormivano e Dolly mosse il suo primo passo. Scavalcò il muschio e si guardò intorno nella grande stanza dalle volte alte. Le pareti erano affrescate con strani disegni e foglie e fiori dai colori vivaci che a Dolly piacquero molto. C’era solo il lumicino della capanna a illuminarle. Le imposte chiuse, che allora erano integre, schermavano le luci della strada. Ma tanto fuori era buio pesto. I fanali erano spenti, le vetrine erano scure. E se in qualche angolo si fosse visto un solo barlume, le guardie della protezione antiaerea vi avrebbero puntato contro l’indice gridando “Luce!” e minacciando punizioni se non si fosse spento immediatamente. Dolly entrò in un’altra stanza dove non c’era neppure il lumicino del presepio e gli occhi di vetro soffiato stentarono un po’ prima di distinguere mobili, pareti e finestre. Tra le finestre, una era diversa. Aveva una strana forma circolare con una punta verso l’alto, non aveva persiane e la larga cornice non era di legno ma di pietra. Guardò meglio e si accorse che la cornice incorniciava altro muro e non il vuoto come nelle altre finestre di forma squadrata e di legno e di vetri. Dolly si chiese -A che cosa può servire una finestra senza imposte e persiane e senza neppure una piazza o una strada o almeno un vicoletto sui quali affacciarsi? Continuò a esplorare la casa. Entrò nella stanza della bambina e la osservò nel sonno. Le piacque. Non era una bambina che dopo tre giorni si sarebbe stancata di lei e le avrebbe staccato le braccia. Avrebbe voluto osservare meglio anche i genitori della bambina. Ma la porta era chiusa e qualcosa le diceva che quando una donna e un uomo che non sono più dei bambini chiudono la porta, è meglio non aprirla sino a che non lo fanno loro. Dolly tornò al suo posto accanto al presepio. Avrebbe voluto dormire anche lei sino al mattino, quando la bambina si sarebbe svegliata per correre a vedere i doni lasciati da Gesù Bambino. -Che ingenua quella bambina! Gesù Bambino non esiste. E’ soltanto una statuina del presepio. Sono stati i genitori della bambina a prendermi da Tomè per portarmi qui. Nessun mistero, tutto si può spiegare. Poi pensò che avrebbe dovuto spiegare anche il fatto che lei ci vedeva bene nonostante i suoi occhi fossero di vetro soffiato e che pensava altrettanto bene nonostante la sua testolina fosse di celluloide e contenesse soltanto i contrappesi di piombo per tenerle le palpebre chiuse quando era coricata e aperte quando era in piedi. Ma rimandò il problema a un’altra volta, aveva già pensato anche troppo per la sua prima ora di vita. Aveva sonno, ma per dormire avrebbe dovuto chiudere gli occhi e per chiudere gli occhi si sarebbe dovuta sdraiare. Ma preferiva non correre il rischio di farsi trovare così dalla bambina la mattina di Natale. Si annoiava come quando era dentro la cassapanca e tentò di parlare con la Natività. Ma il Bambino si limitava a sorridere con un sorriso un po’ freddo tenendo le braccia sollevate e guardando un angioletto appeso a un filo che dondolava sulla mangiatoia. Forse aveva paura che gli cadesse addosso. Dolly mosse un braccio in segno di saluto verso la Madonna e San Giuseppe, ma non c’era verso di distrarli dalla contemplazione. Allora provò a muovere le labbra, con prudenza, perché nel caso fosse riuscita a parlare non voleva svegliare gli abitanti della casa. -Ehi! La Madonna neppure si mosse, San Giuseppe voltò appena la testa per guardarla severo. Dolly sbuffò e girò lo sguardo intorno. I Re Magi erano troppo lontani e per farsi udire avrebbe dovuto urlare. Il bue dormiva. Ma l’asino, forse… -Ehi! -Ehi! Dolly sorrise -Ciao, io mi chiamo Dolly e tu? -L’Asino del Presepio. -Lo so chi sei. Ma come ti chiami? -L’Asino del Presepio. -Ah! -Puoi chiamarmi soltanto L’Asino per fare prima. -Senti, L’Asino, io sono arrivata da poco… Sono brava gente qui? -Mah! Sai, io la gente la vedo pochi giorni all’anno. Tutto il resto del tempo sto chiuso nella cassapanca da dove hanno preso anche te. Ti ho vista, poco fa! -Che noia, poverino! Poi rifletté e gli chiese -E sai niente di quella finestra di pietra dalla quale non ti puoi affacciare né su una piazza né su una strada né su un vicoletto? -Ne ho sentito parlare. Bisogna evitarla. I padroni di casa la copriranno con un grande armadio e scomparirà per sempre. -Perché? -Mah! Baldassarre una volta mi ha detto che… -Chi è Baldassarre? L’Asino lo indicò con lo zoccolo -Il Re Magio nero nero, quello con lo scrigno tra le mani. Baldassarre sorrise da lontano e Dolly rispose con un sorriso. -Mi ha detto – riprese L’Asino – che un tempo qui c’era una chiesa che buttarono giù anche se lei, la chiesa, non voleva essere buttata giù. -E se non voleva perché l’hanno buttata giù? -Boh, gli uomini sono strani. -Anche le donne? -Penso di sì. Comunque, mentre la buttavano giù, la gente prese a morire, morivano a migliaia e allora capirono che era la chiesa a ucciderli. -Che chiesa cattiva! -Beh, sai: lei li si voleva salvare. Quando lo capirono fu troppo tardi: un mucchio di gente era già morta e la chiesa era già quasi del tutto distrutta. Restò soltanto quel muro con quella finestra e intorno ci costruirono questa casa. Baldassarre dice che… ma queste cose soprannaturali sono tutte bugie. Dolly assentì giudiziosa -Ah sì. Lo dico sempre anch’io. Anche se poco fa mi chiedevo come mai io che sono di celluloide e tu di cartapesta possiamo chiacchierare come due vecchi amici. L’Asino sorrise e Dolly ne restò un pochino impressionata perché per farlo scoprì tutti i denti che erano tanti e grandissimi. -Comunque dice Baldassare che a quella finestra ci si può affacciare. -Ma se c’è il muro! -Lui dice che invece si può e che la finestra dà sulla vecchia chiesa e che puoi vedere delle cose molto belle… -Allora voglio farlo! -… ma anche molto brutte. -Cioè? -Baldassarre dice che ci si può vedere una strega mentre la torturano, un uomo sopra un asino, come me, mentre gli aguzzini gli strappano la pelle a frustate. -All’asino? -All’uomo. E poi teste mozzate sulle scale davanti alla chiesa, un cadavere putrefatto che si gonfia sino a fare scoppiare la sua tomba durante la messa e tutti i fedeli fuggono per la paura, le carrette cariche dei morti di colera e i beccamorti che li accompagnano ridendo alla fossa piena di calce… -Basta, L’Asino. Dimmi le cose belle. -Sono talmente belle che per vederle meglio ti sporgi troppo, cadi e non puoi più tornare su. Quindi è meglio starne lontani. Chiacchierarono a lungo e Dolly scoprì che, anche se trascorreva quasi tutto l’anno chiuso dentro la cassapanca, L’Asino sapeva tante cose. Arrivò l’alba senza che lei se ne accorgesse, tanto era presa dalla conversazione e quando udirono i passettini dalla stanza della bambina L’Asino tornò alla mangiatoia e Dolly restò immobile. Cominciò la sua vita nella casa di piazza Azuni. La bambina le voleva bene. Dolly era contenta anche se vedeva la bambina crescere mentre lei restava sempre della stessa misura e aveva un pochino di paura che la bambina si affezionasse a una bambola più grande. Ma non avvenne. La bambina, quando tornava a casa correva ogni giorno da Dolly e le raccontava la sua giornata, le gioie, le delusioni, gli amori. Lei stava a sentirla e le era grata quando, ogni notte, la metteva coricata perché gli occhi si chiudessero e allora Dolly sognava il mondo che la bambina le raccontava ogni giorno e che lei non aveva mai visto. Per due volte accadde che la bambina, alla quale cominciavano a formarsi certe piccole pieghe intorno agli occhi e agli angoli delle labbra, la stringesse stretta bagnandola di lacrime, una specie di acquerugiola che le usciva dagli occhi e che Dolly non riusciva a produrre dai suoi occhi di vetro soffiato. Quando accadde la prima volta Dolly, dopo, non vide più in giro per casa il signore con la giacca da camera di cammello. Quando accadde la seconda volta Dolly si accorse che era scomparsa anche la signora dalla vestaglia verde di seta damascata. Dolly e la bambina restarono sole per molti anni. Erano felici. Ma un giorno accadde una cosa diversa dal solito. La bambina uscì di casa come ogni giorno ma la notte non tornò per mettere Dolly a letto e raccontarle che cosa aveva fatto. Dolly trascorse la notte in piedi e poi tutto il giorno successivo e i giorni successivi. Arrivò il Natale ma il suo amico L’Asino restò dentro la cassapanca perché né la signora né il signore né la bambina la aprirono per prendere la scatola di latta del presepio. E Dolly vide che intorno a sé la casa deperiva, si copriva di polvere, i mobili si disfacevano, l’intonaco dei muri diventava polvere, le stecche delle persiane marcivano e i piccioni facevano il nido sui davanzali delle finestre. Cominciò a cadere a pezzi anche il grande armadio che copriva la finestra di pietra e Dolly, nelle passeggiate tra le stanze ormai senza vita che ogni tanto faceva per sgranchirsi le gambette di celluloide, vi passava davanti in fretta, intimorita dal vecchio avvertimento di L’Asino. Sino a che non arrivò quella notte di cui parlavamo all’inizio, quando Dolly aprì prima un occhio, poi l’altro e vide che tutto era tranquillo. La mattina prima erano entrati in casa degli sconosciuti. Avevano girato per tutte le stanze, come fossero stati i padroni, avevano parlato di pulizie, di immondizia da buttare via, di restauri e di quella curiosa finestra, che era diventata molto importante. Dolly vide che era ancora notte e, con gli occhi aperti, restò ancora per un po’ sdraiata a pensare, che era una cosa nella quale era molto brava. -Che strano, riesco a tenere gli occhi aperti anche se sono coricata. Non mi era mai accaduto. E che strani sono gli uomini. Anche le donne. Domani torneranno e mi butteranno via insieme ai mobili vecchi e alla cacca dei piccioni. E decise di fare un’ultima passeggiata nelle vecchie stanze. Passò accanto alla finestra e stavolta non ne ebbe paura. Vide che la cornice di pietra non incorniciava più il muro ma uno spazio vuoto. Dolly si affacciò. Al mattino tornarono gli uomini e le donne con i guanti di gomma, dei grandi secchi e dei bustoni di plastica nera. Una disse -Ma su quel letto, tra i rifiuti, non c’era anche una bambola vecchia?
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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