In fondo è andata bene così: non ha vinto la favorita Fiorella Mannoia e la vittoria al Festival di Sanremo è andata a Francesco Gabbani, quello che ha portato una sana ironia sul palco, uomo-scimmia compreso e un testo non-sense degno di un Rino Gaetano d’annata. A riascoltarle certe canzoni ci hanno sicuramente guadagnato: Ermal Meta su tutti. A perdere, stranamente, è stata Maria De Filippi che, a parte il vincitore delle nuove proposte della scuderia Amici, tutti gli altri sono fuori dal palco. Questo può significare alcune cose: non sempre i talent costruiscono autori e interpreti d’eccezione e non sempre ciò che nasce dai talent è da buttare, anche perché oggi, purtroppo, sembra essere l’unico passaggio per proporsi sul palcoscenico globale della musica, almeno in Italia. Sanremo in questi cinque giorni è stato il palcoscenico “sociale” dove si è presentata un certo tipo d’Italia: quella di un edulcorato Crozza, di una seriosa Geppy Cucciari, di un melanconico Enrico Montesano, di una grintosa Rita Pavone, di eroi quotidiani (che poi, a pensarci bene eroi non sono, ma lo diventano perché questo è un paese complicatissimo) di centenari arzilli (siamo un paese per vecchi, ammettiamolo) e di cori dell’Antoniano (il primissimo talent poco fortunato che ha prodotto, negli anni, solo Cristina D’Avena). Ecco, lo spettacolo è finito: lungo, noioso, a tratti davvero soporifero, con qualche guizzo regalato da Zucchero e da Giorgia e con due conduttori troppo “conduttori”. Ma Sanremo è Sanremo e l’Italia è un’altra cosa. Un po’ dolce e un po’ Gabbana.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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