Lo diciamo sempre: la colpa è la nostra. E dopo il disastro aggiugniamo: dobbiamo fare qualcosa. Ma non facciamo niente presi come siamo da altre urgenze (quelle che consideriamo urgenze) da altri impicci, da altri ed ulteriori problemi: il gas, la benzina, la bolletta. Cose che raschiano le vene dei polsi e lasciano evidenti cicatrici. Però poi davanti ai disastri, alla morte di persone innocenti stiamo zitti e cominciamo ad articolare qualche frase di circostanza: una bomba d’acqua, un tornado, non ci sono più le stagioni, la colpa è del clima impazzito, il problema è l’umido e non il cado. Maledetta acqua. Quello stesso liquido chiesto con voce alta durante la siccità, quell’acqua sorella di madre terra, quell’acqua che ci disseta, bagna le sementi e i campi, quell’acqua rigogliosa e suadente, amore e mistero, vita e morte. Sulla morte però non darei la colpa all’acqua. Noi, quelli di “dovremmofarequalcosa” effettivamente certe scelte le abbiamo fatte e tutte nefaste: abbiamo violentato la terra, abbiamo costruito sugli argini dei fiumi, abbiamo deviato i corsi d’acqua, li abbiamo “tombati”, non ci siamo occupati di ripulire i canali in tempo per le prime piogge, non ci siamo occupati della nostra madre terra e ci siamo ritrovati davanti ad un disastro idrogeologico costruito interamente da noi. Facciamola finita di piangerci addosso e di piangere i poveri morti, deceduti perché tutti, ma proprio tutti avremmo dovuto fare qualcosa ma non lo abbiamo fatto. La bomba d’acqua è una conseguenza delle nostre bombe costruite negli anni, alla ricerca di un eldorado spingendo sull’acceleratore della vita, convinti che tutto fosse gratis, tutto fosse facile e che tutto dovesse essere eterno. Di questo non se ne parla nei comizi elettorali e al massimo, quando a qualcuno gli si chiede una possibile soluzione, un punto di partenza, la risposta è tiepidina e male orchestrata: “dovremmo fare qualcosa”. Significa che non faranno niente.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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