Qualche tempo fa mi trovai a studiare un logo per PescePirata.it che organizzava un concorso letterario sulla diversità. Ricordo che nel brief online qualcuno propose come claim (o slogan) “Diverso sarai tu”. Mi suonò contradditorio perché se il messaggio voleva essere quello di abbattere i pregiudizi, usare questa frase significava sentirsi insultati dal termine “diverso”, così proposi un alternativo “diverso sarò io¡” quindi con accezione positiva e inclusiva. La proposta venne approvata e così fu. Amen. Perché racconto ciò, perché il mio pensiero sulla diversità è lo stesso che ho voluto tirar fuori con quello slogan. Il non essere uguali può e deve essere un punto di forza. Attenzione! Non parlo di chi cerca di differenziarsi per essere fedele a un ruolo che si è creato da solo per essere “contro”, le pecore nere interinali, quelle che poi alla sera si spogliano di un vello posticcio. Intendo invece le persone a cui questa dissomiglianza è piombata senza averla cercata e tutto perché altri hanno deciso per noi. Altri, che sia la società con i suoi canoni o che sia il destino con i suoi scherzi del piffero, che la fanno diventare sinonimo di esclusione, sbattuto in faccia oppure bisbigliato da comportamenti e sguardi. Ci hanno provato anche con me a farmi credere che il mio non essere uniformata alle bellissime coetanee nella preadolescenza, dovesse essere motivo di imbarazzo e sì, ammetto che stavo per cedere ma il mio busto anti-scoliosi è stato uno scudo per difendermi dai missili ostili. Ci hanno provato anche quando per un periodo della mia vita sono rimasta senza capelli e totalmente glabra ma ho giocato, in quel periodo a dipingermi e incorniciarmi di colori mai usati. Ci hanno provato anche quando un chirurgo mi ha trasformato in una Venusia a cui le si è inceppato un missile mentre cercava di spararli entrambi, ma io già vedevo l’opportunità di tatuarmi un magnifico fiore su quella tela piatta. Ti domando: qualcun altro ti ha cucito addosso qualcosa che non volevi ed è impossibile levartelo di dosso? Ti rispondo: allora aggiustalo come piace a te, impreziosiscilo. Perché devi portarlo comunque tutta la vita e devi rassegnarti ma fallo “attivamente” che vuol dire modificare quel dannatissimo vestito a tuo gusto e non come quel sarto cinico l’ha creato. Insomma va bene essere affamati e va bene anche essere folli, ma soprattutto portatori sani di diversità.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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