Due anni fa, pochi giorni dopo l’alluvione del 18 novembre 2013, fui invitato a partecipare ad una trasmissione in diretta da Olbia su La 7. Quando venne il mio turno, feci notare la mancata vigilanza degli amministratori pubblici sulla disordinata, casuale, improvvisata crescita urbanistica della città: uno degli aspetti decisivi per spiegare i disastri che puntualmente si verificano quando su Olbia si abbatte una pioggia solo un po’ più abbondante del normale. Lo sappiamo tutti, non era mica una rivelazione clamorosa. Un istante dopo avere concluso il mio intervento, il mio telefono squillò. Era un politico locale. Pretendeva, non so bene con quale autorità, che ritrattassi quel che avevo appena detto o facessi dei distinguo che scagionassero lui e il suo partito dalle accuse. Erano passate poche ore dall’apocalisse.
Scrivo queste righe perché a me sembra che, mentre gli effetti delle alluvioni su Olbia sono sempre più gravi e insostenibili, per contro la ricerca delle cause sembra troppo generica, rallentata, blanda, come se affondare il bisturi su questo bubbone non convenga a nessuno. Olbia si è sempre allagata, perché è un agglomerato costruito su un fitto reticolo fluviale. Ma è di tutta evidenza che la situazione sta peggiorando di anno in anno. Perché? Come mai gli effetti dell’acqua sono sempre più nefasti? Cosa è emerso, nello specifico, dalle indagini della magistratura? Perché si è permesso di costruire gli alberghi sugli argini? Boh, non si sa. Mi limito a ricordare come, pochi mesi dopo l’alluvione, molti esponenti politici minacciarono azioni di protesta contro l’autorità di bacino che aveva sospeso le licenze edilizie nelle aree più a rischio di Olbia. Il problema erano le licenze edilizie sospese, non la prevenzione. Mi limito anche a ripetere quel che mi disse Giovanni Tilocca, geologo esperto del problema, qualche tempo fa: parlare troppo del rischio fa precipitare le quotazioni immobiliari. Ora, belli miei, bisognerà prendere decisioni, per drastiche che siano. Oppure rassegnarsi ad una città sommersa ogni volta che il cielo decide di aprire i rubinetti. (la foto di questo post è di Alessandro Pirina).
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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