Forse siamo soltanto stufi di governicchi, di rimpasti senza sale, di squadre votate allo zero a zero. A leggere gli ultimi sondaggi, si nota un calo di Pd e M5S contrapposto a un’avanzata dei partiti di destra, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e persino della sinistra a sinistra del Pd che sembrava ormai destinata all’eterno oblio. Eppure, a pensarci bene, questa tendenza sembra un sos lanciato nello spazio siderale a caccia di un’antenna aliena.
La classe politica italiana nel suo complesso non sembra aver preso coscienza di ciò che accade nella società che è chiamata a governare. Il ministro dell’Economia che non sa quanto costi un litro di latte, al di là degli aspetti strumentali, è la fotografia di un distacco dalla vita reale che non può essere ignorato in eterno. Urge uscire dal castello e fare due passi nelle strade, nelle periferie, nelle campagne per capire cosa realmente stia bollendo in pentola.
Particolarmente deprecabile, poi, è la tendenza a servirsi dei cosiddetti governi tecnici per fare il lavoro sporco tranne poi scaricarli con ignominia non appena le reazioni dei portatori d’interesse colpiti da determinate misure diventano pressanti. Succede, ad esempio, in Sardegna dove il professor Pigliaru e la sua giunta hanno sperimentato sulla propria pelle quanto sia difficile applicare la dotta teoria alla realtà ma anche quanto sia perfida una politica che ti ammette nel club perché non ha soluzioni migliori, ti affibbia una maglietta, fa finta di appoggiarti finché conviene, quindi ti getta in pasto ai leoni e si ripresenta per banchettare sulle tue spoglie con la faccia da salvatore della patria.
Il disorientamento, dunque, è perfettamente comprensibile. Se la strada è piena di buche, desideriamo qualcuno che la ripari, non consigli su come continuare a schivarle o incentivi ai riparatori di gomme. E, nel bailamme di questi giorni, di tutto si è discusso tranne che di un’idea decente per uscire da questa infinita stagnazione. Nel frattempo, l’ondata strisciante di malcontento produce pericolosi effetti: la voglia di un uomo forte al comando, la guerra tra poveri con i derelitti che ci piovono in casa, il fastidio per tutto ciò che è sistema e istituzione, le lodi alla giustizia fai da te. Il tutto in un quadro di malcontento generale che non trova sfogo in una mobilitazione reale, restando confinato nell’ambiente sterile dei social network dove tanti individualismi non fanno una massa.
In Romania, per una settimana, centinaia di migliaia di persone hanno occupato le piazze per chiedere il ritiro di una legge salva corrotti. In sostanza, chi avesse percepito illecitamente somme inferiori a 48.000 euro non sarebbe stato perseguibile penalmente ma soltanto in sede civile. Il governo, alla fine, ha ritirato il provvedimento. Ma la protesta continua per costringere l’esecutivo alle dimissioni.
Capita che il popolo decida di prendersi per mano e uscire allo scoperto per far sentire la propria voce. Ed è uno sfogo liberatorio, positivo, di passione e complicità. Qui, invece, la rabbia cova sotto la cenere da troppo tempo. Ma non riesce mai, confinata com’è nel mondo virtuale, a far capire realmente che c’è uno strappo da ricucire, prima che sia troppo tardi.
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