Non so, davvero, come sia possibile conciliare l’amore per il rosario, per la Madonna e i vari messaggi cattolici e cristiani, con la cattiveria, l’indifferenza, l’odio rancoroso nei confronti di persone considerate “disabili” per i quali se ne chiede la separazione nelle scuole al grido di “basta questa ideologia inclusiva”. Accade nel 2023, in Germania. Lo dichiara e vuole metterlo in pratica Bjorn Hocke, rappresentante dell’ultra destra tedesca con il quale il vice presidente del Consiglio italiano Matteo Salvini è alleato e si trova – nel consogilio europeo – nello stesso gruppo, “identità e democrazia”. Quello che intristisce è la pochezza di questo tipo di ragionamento che vede i cosiddetti “disabili” pesare sui rendimenti dei bambini “normali”. Più che un’affermazione nazista, fascista e pericolosa è anche e soprattutto un’affermazione stupida: dovremmo, infatti, preparare i nostri figli alla diversità e avversità della vita. Dovremmo cominciare a spiegare, una buona volta, che nessuno è perfetto e la perfezione porta alla tristezza, alla disperazione, al nulla cosmico. Dovremmo cominciare a spiegare a chi volta, a chi pensa che “basta con sta storia del fascismo” a chi è convinto che la “narrazione” di alcuni leader sia solo bieca propaganda, che non è così. Chi pensa ad Hocke come ad un visionario nero non ha capito la pericolosità dell’uomo e delle sue idee. Chi condivide le idee di chi divide il mondo in sani e malati, in buoni e cattivi, in ricchi e poveri non dovrebbe mettersi in tasca il rosario e sventolarlo davanti a tutti. Questa ipocrisia ha il colore stantio di una retorica superata: chi vuole scuole separate per i bambini è un fascista, un nazista, uno che va contro chi diceva tanto tempo fa: “lasciate che i bambini vengano a me”. Tutti i bambini, nessuno escluso. Chi si allea con queste persone non potrà salvarsi con la litania di un rosario. Non può e non deve. E non si può utilizzare la bellissima frase del discorso della montagna: “gli ultimi saranno i primi”. Con questi alleati gli ultimi scompariranno. Senza nessuna speranza.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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