Dove cazzo è finito il mio maglione? Quello che mi ha regalato Violetta. Figurati se si trova qualcosa dentro questo casino di casa dove mia madre sembra l’ape operaia che ramazza e nasconde qualsiasi cosa. Cosa le costava lasciarlo sulla sedia? Adesso è tardi e magari è andata via. Devo approfittare della situazione. Gianvittorio è in radio, ne avrà per un ora. Un’ora magari non basta, perché devo concentrarmi, devo stare attento a non sbagliare, a non precipitare le cose. La butto sul politico. Ecco, è così che devo fare. Buttarla senza neppure provare a raccoglierla. Mica dobbiamo costruire una famiglia noi due. Mica dobbiamo dirci ti amo e quanto ti amo e come sei bella. Non possiamo fare la fina di tutti i borghesucci di provincia che stanno per ore abbracciati in passeggiata o dentro le poltroncine del “76”. Camminiamo sino alla fine. Nessuno arriva mai alla fine del lungomare. Tutti a girare dopo “El fuego”. Non si può andare avanti. Cominciamo ad infrangere questo rito. Magari finire sugli scogli del mediterraneo. Quelli che qualcuno li ha levigati con il cemento. Un idiota. Ma da bambino mi piaceva. Da bambino mi piaceva Gianni Morandi e canticchiavo Al Bano. Da bambino. Sul politico. Buttiamola sul politico. Perché mica posso dire che lo scorso anno mi sono comprato sabato pomeriggio di Claudio Baglioni e che mi piace ascoltare quella canzone che fa proprio per noi e magari non la conosci e la uso così, come una poesia di Neruda: “non ti ho detto che i tuoi riccioli sono di seta che profumi di erba falciata che non sono mai stato un poeta e che darei la mia vita per te”. Una canzone da sfigati. Diciamolo. Politico. Il discorso ed il contesto è squisitamente politico. Mica posso chiederle: Mi ami? Schifosamente borghese. E allora? Neppure mi piaci, mi piaceresti, sei la mia compagna, perché non facciamo l’amore? Si dice in questo modo o tra compagni è preferibile il semplice scopiamo?. Politico. Possibile che tutto debba essere dannatamente e schifosamente politico? Tutto etichettato? Per esempio: il Torino, inteso come squadra di calcio è di sinistra? Tutti dicono lo sia perché si parte dal presupposto che la Juve è la squadra dei padroni, dell’Agnelli e quindi il fatto che dopo tantissimi anni, il mese scorso il Torino ha vinto il suo settimo scudetto è un evento per gioire. Io sono per i granata. Hanno un bel colore di maglia e non mollano. Hanno Pulici e Graziani e hanno Claudio Sala che un po’ di sinistra deve esserlo, visto che lo chiamano il poeta. E i poeti sono quasi sempre di sinistra. Così ho sempre diviso il mondo. Ho immaginato quelli di sinistra come dotati di un cuore forte, indecifrabile, ma grande. Ecco perché a novembre dello scorso anno ero felice per il Nobel alla letteratura di Eugenio Montale. Non per vile patriottismo destroso, ma proprio perché lo ha vinto un poeta che ha saputo scrivere “non recidere forbice quel volto” e il volto di Violetta mi è rimasto dentro da quando a Febbraio 1975 la conobbi, per la prima volta a casa di Gianvittorio. Ti presento l’amica di mia sorella, Violetta Capisso che, con quel cognome, gli occhi e le treccine da adolescente pareva tutto tranne che una compagna. Non andai oltre al classico “Piacere Claudio” e decisi di non recidere mai più quel volto che era fresco e nuovo e dolce e colorato. Per me Violetta, era come il Toro: un po’ borghese, un po’ snob, ma con la forza e la poesia che ci mettevano quei giocatori a vincere e convincere. E vinsero. Di un punto sulla Juve e quindi, secondo la mia personalissima tesi, di un punto sui padroni. Avevamo raggiunto il primo traguardo. Almeno sullo sport i mitici compagni granata avevano conquistato lo scudetto. Non potevo però raccontarlo a Gianvittorio, animale politico per eccellenza. Senza squadra di calcio da tifare, perché è populismo allo stato puro, al massimo l’atletica. Niente boxe perché è violenta e le palestre sono piene di fascisti. Ma Mohamed Alì mica è fascista, si è ribellato, è un’icona per il popolo negro. Sarà un caso. Già. Un caso. Il tennis è di destra, di destra estrema. E Borg, e Panatta e Bertolucci? Di destra. E la formula uno, la Ferrari? Di destra. Ma è rossa. E’ di un padrone. Neppure Niki Lauda potevo raccontare. Niente. Io il mondo lo dividevo dentro la mia ideologia. C’era molta destra ma non stava tutta da una parte e c’era moltissima sinistra e non era solo politica. Dire “ti amo” era di destra o di sinistra? Darsi un bacio al bar 76 forse non era né di destra né di sinistra ma sarebbe stato bellissimo se dall’altra parte, che sfiorava le mie labbra, ci fosse stata Violetta. Scenografia di destra pensai. Che faccio adesso? Non potevo dire a Gianvittorio che salivo a Scala Piccada. Tantomeno a Violetta. L’automobilismo è uno sport borghese. Nessun dibattito a tal proposito. Non sono mai stato d’accordo. La macchina è qualcosa che mette in moto l’anima. la velocità, il rumore sordo della fiat 595 Giannini o quello duro e secco della 695 Abarth e la dolcezza della Lancia Fulvia, la forza della Stratos, la bellezza della Beta. Sono macchine da signori, diceva Gianvittorio. Ma le hanno costruite gli operai. Io le osservo con quegli occhi: dall’officina, da quando, con lentezza, dentro l’olio che avvolge ogni tuta, vengono montati i pistoni e tutto diventa suono, diventa armonia e gioco e velocità. Ecco perché quel tiepido giorno di maggio, senza dire niente a nessuno, che tanto tutti sapevano, mi svegliai molto presto e arrivai al quinto chilometro della mia “scala piccada” diversi tornanti secchi e duri che, dalla periferia di Alghero si arrampicano sino alla discoteca la Siesta per poi proseguire per Villanova Monteleone. Sette chilometri di vita da succhiare dentro i motori. Gara tosta quella di maggio 1975. Ci sono Pilone, Locci, il brizzolato ma anche Sergio Farris e Uccio Magliona. Vince lui dicono tutti. Perché è il più bravo. Perché ha una bellissima Osella o, come diciamo tutti, una splendida barchetta. Ma il motore che ha un’anima e ha pensieri e regala certezze. Invece la strada decide che a vincere deve essere Franco Pilone su Abarth osella bmw, secondo assoluto l’algherese Antonio Murru con un’alfa romeo gtam e al terzo posto sergio farris sempre con un’alfa gta. Fu quell’anno che decisi per un’alfa. Quando potrò la mia prima auto e le successive e per sempre saranno un’alfa. Perché ha un bel nome, un bel rumore e sale e disegna curve e il motore sorride e non arranca… Ma si può dire “ti amo” ad una ragazza di sinistra? Non lo so. Non ‘l’ho capito però, a furia di attendere e di buttarla sul politico è una vita che non scopiamo.
ps: Si tratta di di un taglio del libro “Il piano zero”. E’ quindi un piccolo inedito trovato tra i tagli, ritagli e le frattaglie del piccolo ma disordinatissimo computer. Chissà perchè questo capitolo è stato reciso dal libro, perchè ho deciso di non mettercelo. Però, rileggendolo, ha qualcosa di carino, che merita un passaggio di notorietà.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
Renatino e i misteri di Roma (di Giampaolo Cassitta)
Elio e le storie disattese (di Francesco Giorgioni)
The show must go on (di Cosimo Filigheddu)
Vincerà Mengoni. Però… (di Giampaolo Cassitta)
Ero Giorgia, e ricanto. (di Giampaolo Cassitta)
Piacere, Madame. (di Giampaolo Cassitta)
Se son fiori spariranno (di Giampaolo Cassitta)
Ma Sanremo è Sanremo? (di Giampaolo Cassitta)
Pacifisti e pacifinti (di Simone Floris)
Lo specchietto (di Salvatore Basile)
Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
Papa Fazio (di Cosimo Filigheddu)
sardegnablogger ©2014 created by XabyArt - graphic & web design