Da qualche tempo noto che il frasario di alcuni indipendentisti nostrani si è arricchito di un nuovo vocabolo: chiamano “dipendentisti” tutti gli altri, cioè coloro che indipendentisti non lo sono. Non è una semplice contrapposizione linguistica che riflette un conflitto dialettico: chiamare qualcuno “dipendentista” traccia di per sé un giudizio, al di là dell’apparenza innocua della definizione. Il “dipendentista”, nel tono con cui molti indipendentisti lo usano, è uno afflitto da complessi di inferiorità, teme ad avventurarsi nell’inesplorato ed essendo pusillanime ha bisogno di essere tenuto per mano e rassicurato da qualcuno più grande di lui, quando attraversa una strada buia. Ecco perché soffrirebbe di una sorta di sindrome di Stoccolma che lo spinge ad accettare la schiavitù di Roma e a sentirsi rappresentato da Renzi e Gentiloni, anziché imboccare la giusta ma faticosa strada dell’indipendenza. Ecco perché, secondo gli indipendentisti che se lo raffigurano così, il dipendentista ripete sempre “senza Roma non ce la possiamo fare”. L’indipendentista, in questa rappresentazione, è “l’uomo che non deve chiedere mai”, sicuro di sé e convinto di saper fare da sé senza la protezione dei magnaccia romani. Io, che sarei dipendentista, non ho mai pensato che la Sardegna non ce la possa fare senza Roma. Secondo me, la Sardegna avrebbe risorse e capacità per essere Stato a sé, se lo volesse, come tanti altri piccoli Stati che nella storia hanno conquistato la loro indipendenza. Solo che io penso di poter condividere regole comuni con il resto d’Italia, mantenendo salde la mia identità e la mia lingua senza alzare muri o sventolare bandiere per marcare la mia diversità. Se questo significa essere “dipendentisti” o “unionista”, io lo sono, per quel che vale la mia idea e con tutta la considerazione per il rispettabile progetto politico degli indipendentisti. Da Mauro Pili o Giorgio Oppi o Felicetto Contu, qualora diventassero presidenti della Repubblica di Sardegna, non mi sentirei più rappresentato di quanto oggi mi senta rappresentato da Renzi, Gentiloni, Letta o Berlusconi.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo romanzo, "Cosa conta".
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