Leggevo un articolo piuttosto ben scritto sul clima elettorale a Sassari visto da un giornale non sassarese. La prima riga parlava della Dinamo, poi si passava alle elezioni. Giusto: l’eccellenza raccontata da un osservatore, la notizia con cui presentare la città. Però se un inviato deve fare un servizio su Torino non è detto che attacchi il pezzo con la Juve. C’è anche altro da quelle parti. E’ il destino di chi ogni tanto ha eccellenze ma non ha vie di mezzo, che sono quelle che contano.
Mi ricorda, questa Dinamo, i tempi in cui sembrava che Mario Segni dovesse diventare il più importante leader italiano. Arrivavano inviati da tutta l’Italia e facevano capannello nello studio del notaio Gaetano Porqueddu, dove si elaboravano alcune delle più ardite riforme istituzionali di quell’epoca. E questi inviati, partecipi dello stupefacente serbatoio di pensiero in piena ebollizione, si guardavano intorno, esploravano la città chiedendosi cosa ci fosse fuori da quell’ufficio, in quale terreno affondassero le radici di quei circoli ristretti, dove fosse la città che aveva formato Segni padre e figlio, Enrico Berlinguer e Francesco Cossiga.
Così come io, che oggi voto, mi chiedo cosa ci sia oltre alla Dinamo.
Faremo la fine di Tempio, sembra: sino agli anni Sessanta grande carrefour dell’industria e del terziario galluresi ma cancellata in poco tempo dall’arrivo di Karim in Costa e dal conseguente balzo di Olbia. Brutta cosa quando i grandi investimenti non si armonizzano con le economie e le classi dirigenti locali.
Da noi negli stessi anni arrivò Rovelli, che per di più, al contrario dell’Aga Khan, investì soldi pubblici e in un’industria molto più devastante persino di quella del turismo-mattone. La chimica ben presto da fonte di occupazione diventò soprattutto inquinamento e corruzione e le cose sono andate come si sa.
Ma ora, parlando di eccellenze e di mediocrità, osservo soltanto che se la Sir non creò una classe lavoratrice stabile nel tempo, non formò neppure nuova classe dirigente. Rovelli interloquiva con pochi capi politici deputati dai suoi referenti romani, mentre il resto della truppa non riusciva neppure a gestire ordinatamente lo smantellamento delle economie e delle sapienze industriali tradizionali.
Chi o cosa divenne classe dirigente a Sassari? Scomparve la borghesia agraria e industriale, perse ruolo quella delle professioni, i rappresentanti del terziario, soprattutto i commercianti, non poterono da soli svolgere un ruolo guida. Restarono solo l’industria del cemento e le rimesse pubbliche. Furono battezzati mostri urbanistici, mentre il centro storico si spopolava, privo di una piano di recupero come quello che, attraverso giunte comunali di ogni colore, ha reso bello e produttivo quello di Cagliari.
E il mito della “capitale della politica e della cultura”? I grandi politici e i grandi intellettuali li abbiamo avuti davvero. Il perché è semplice: le famiglie ricche sassaresi mandavano i figli all’università o li incoraggiavano a salire (ora si dice “scendere”) in politica, mentre a Cagliari puntavano a creare bravi industriali e bravi commercianti. Ma da noi la grande politica non era fenomeno diffuso, era soltanto questione di vertice. Tra i pochi che andavano a Roma e quelli che restavano a Sassari la distanza fu sempre ben più larga del mare Tirreno.
E in quanto agli intellettuali, se non c’è economia alla fine restano inutilizzati. E così Cagliari fu ben presto capitale non soltanto dell’economia ma anche della politica e della cultura. Fu aiutata naturalmente dalla vicinanza della Regione e dalla secolare capacità della città di essere centro motore del suo territorio. Ma dimostrò un limite pericoloso: l’incapacità di svolgere un ruolo propulsivo per tutta l’isola, pur rivendicandolo a parole nel campo delle rimesse pubbliche, soprattutto con la recente trovata della città metropolitana: date più soldi a noi perché li riutilizzeremo per la Sardegna.
Comunque io penso che la vera differenza tra Sassari e Cagliari è che in quest’ultima città sanno come utilizzare un politico di talento e un laureato: quindi ci sono sia eccellenze sia ruoli intermedi. La politica e la cultura di buon livello a Cagliari sono fenomeni diffusi; a Sassari sono ricordi dei vecchi tempi in cui si facevano le stagioni liriche con la raccolta delle olive, che poi, con tutto il rispetto per quelli che lo affermano, ho il sospetto che sia una delle tante esagerazioni che costituiscono la favola dell’arcadia zappadorina sassarese.
Ne usciremo, ne sono certo. Puntando sull’università, un’eccellenza produttiva perché diffusa nel tessuto cittadino, sulla rinascita e sulla bellezza del nostro centro storico, sul recupero delle energie succhiate dalla gigantesca zona commerciale di Predda Niedda, sulla volontà di porsi al centro del territorio e pensando al porto e all’aeroporto come a beni materiali collocati in piazza d’Italia e non fuori dalla nostra giurisdizione.
Oggi voterò per queste speranze, non voterò per la tribuna vip della Dinamo, voterò per quelli che si mettono in fila dalla notte prima per comprare il biglietto.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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