1968 1 marzo Roma Inizio degli scontri a Valle Giulia, facolt di Architettura
Perché da un po’ di tempo la Digos mi fa un po’ paura? Ai miei tempi, cioè quelli nuragici, parlo del Sessantotto, la Digos si chiamava “La Politica”, cioè la squadra Politica della questura. Qui a Sassari non andavano per il sottile se c’era da prevenire o reprimere subbuglio. Il capo era il dottor Grandino, uno che badava soprattutto a evitare che ti mettessi nei guai con condanne che poi “restano per sempre” o addirittura finendo dentro. Non avevo paura della “Politica”. E non perché fossi particolarmente coraggioso, ma perché istintivamente mi rendevo conto che – magari qualche volta in maniera rude- facevano parte di quel gioco democratico che io, cinese marxista-leninista, dicevo di volere scompigliare ma che intimamente mi rassicurava. Anche se episodi come quello della “Zanzara” – il giornale del Parini di Milano messo sotto processo, che un po’ ricorda gli attuali fatti di Palermo – non erano certo roba molto democratica. Però, insomma, sarà l’incoscienza, ma non avevo grosse preoccupazioni per il futuro.
Qualche anno dopo, quando “La Politica” già si chiamava Digos e io ero un cronista locale, il capo divenne Cesare Palermi, che poi fu anche questore di Sassari. Palermi era uno che non ho mai capito del tutto come la pensasse politicamente, nonostante fossimo abbastanza amici. Ma di due cose ero sicuro: che non ti dava una notizia riservata manco se ti scannavi, anche se ti illudeva di dartela; e che lui si sarebbe fatto scannare per difendere la legalità e i diritti di tutti, compresi gli oggetti delle sue attenzioni, quasi sempre di sinistra perché allora di destra da attenzionare ce n’era molto poca dalle nostre parti. Di notevole cultura, onestà e altrettanta astuzia, il dottor Palermi destrutturava in mille rivoli tematici le eventuali tensioni in piazza individuando i leader dei vari gruppi e parlando con loro: spesso riusciva a smontarli dimostrando di conoscere gli oggetti della contestazione meglio di loro, citava saggi, articoli, volantini e altri stampati, li coinvolgeva in discussioni che ti sembrava che da un momento all’altro dovessero spostarsi in un salone da riunione fumoso e con i ritratti di Marx e del Che, solleticava il bisogno di chiacchierare degli intellettuali di sinistra. E la cosa spesso finiva bene, nel senso che la manifestazione comunque si faceva ma nessuno si faceva male.
E quindi neanche allora la Digos, ex “Politica”, mi faceva paura. Era nel gioco democratico come e forse più che nel Sessantotto.
Perché adesso, che non devo fare il sessantottino e neppure il cronista, invece la Digos mi fa un po’ paura? Quando entra nella scuola di Palermo per indagare sull’insegnante Dall’Ora, quando identifica le persone che contestano il ministro dell’Interno usando un linguaggio infinitamente più educato e moderato di quello del ministro stesso, quando fa il censimento delle scritte anti ministro appese ai terrazzi e dei relativi titolari dei terrazzi. Perché adesso un po’ la temo, quella Digos? Cosa c’è di diverso? Boh.
Nato nel 1951, ottobre (bilancia, ma come tutti quelli della bilancia non crede nell'oroscopo). Giornalista dal 1973. Scrive anche altra roba. Ma gratis, quindi non vale.
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