Il personaggio di oggi è il Diavolo. Che ha trovato il modo di esistere anche se, ovviamente, non esiste. Furbissimo, non c’è che dire. D’altra parte, che diavolo sarebbe, altrimenti? Stanco di frequentare chiese e oratori sotto forma di parole e pensieri, sua maestà di ogni nefandezza ha deciso di manifestarsi tra le carte di un Tribunale, e in particolare in una sentenza per una causa di separazione, trattata dal Tribunale civile di Milano. A riferirlo è, tra gli altri, il Corriere della Sera, che dedica alla strana vicenda un articolo intrigante, non privo di ombre. Inizia così: “Il Diavolo esiste davvero. Parola del Tribunale civile di Milano. Che in una causa di separazione, pur riconoscendo che il marito avesse ragione nel lamentare l’insostenibilità di un matrimonio sconvolto dagli inspiegabili comportamenti ossessivi della moglie da lui ascritti a possessione demoniaca, in sentenza non ha ritenuto di poter addebitare la colpa della separazione alla moglie: perché costei, a detta dei medici priva di patologie che possano giustificare quei fenomeni, «non agisce consapevolmente» ma «altrettanto chiaramente è “agita”».” Perdonatemi la sequenza di virgolette, ma è necessaria per attribuire a ogni parte del discorso la giusta posizione nella stratificazione dei vari contesti. La donna, dunque, sarebbe “agìta”. Io non ho potuto leggere la sentenza, ma solo l’articolo. Tuttavia ho il sospetto che il Diavolo non compaia nella prima ma solo nel secondo, e sarebbe degno di lui, d’altra parte, ingannatore sublime che ci fa credere di essere dove non è, per non farci vedere dove realmente è. Nel caso specifico, è in una delle strutture che tengono insieme la società: la comunicazione. Diavolo viene dal greco: “dià + ballo”, cioè, “metto attraverso”, quindi “separo, divido, contrappongo” ma anche “calunnio, do cattive informazioni” o, in altre parole: “inganno, induco in errore”. Che poi è quello che ha fatto l’articolista, o meglio il Diavolo che dell’articolista si è impossessato facendosi presentare come protagonista in una vicenda in cui figurava al massimo come comparsa, nei discorsi dei due coniugi e nelle menti delle persone a cui si erano rivolti (esorcisti, preti ecc)”. E tutti, subito, a parlare di Diavolo, come se esistesse veramente. Anche i non credenti, anzi, soprattutto loro, compreso il sottoscritto, che non ha resistito alla tentazione (ah!) di scrivere questo pezzo. Per uno che non esiste, non c’è che dire, un successo oltre ogni aspettativa. Per cui, mi raccomando, attenti alle parole che usiamo, in qualunque contesto: se il Diavolo ha deciso di usarle come nascondiglio, significa che sono davvero importanti.
Nacqui dopopranzo, un martedì. Dovevo chiamarmi Sonia (non c’erano ecografi) o Mirko. Mi chiamo Luca. Dubito che, fossi femmina, mi chiamerei Sonia. A otto anni è successo qualcosa. Quando racconto dico sempre: “quando avevo otto anni”, come se prima fossi in letargo. Sono cresciuto in riva a mare, campagna e zona urbana. Sono un rivista. Ho studiato un po’ Filosofia, un po’ Paesaggio, un po’ Nuvole. Ho letto qualche libro, scritto e fatto qualche cazzata. Ora sto su Sardegnablogger. Appunto.
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