Non sono mai riuscito a capire chi tratta da dementi quelli che fotografano i gatti di casa e li mettono su Facebook. È una forma di disprezzo che davvero mi è oscura, una violenza immotivata e gratuita. Non so cosa la scateni. Sarà anche che ho la casa piena di gatti, in qualche modo partecipo delle loro vicende e li considero in un certo senso membri della famiglia. Forse i gatti paiono indicare disimpegno, cazzeggio, libertà ritenute inappropriate da chi sulla propria bacheca Facebook lotta per un mondo migliore e scrive solo di economia, politica e temi sociali. Come dicevo, a casa mia circola una nutrita comunità di gatti. Quattro di loro sono stanziali: Scrama, privo della coda e salvo per miracolo dopo un incidente mai chiarito, Anonymousa e i giganteschi Ettore e André. Gli altri, una mezza dozzina, vengono solo a mangiare o a cercare riparo nella veranda coperta. Tra loro ce n’è una – selvatica, grigia, magra da far paura – che ha iniziato a frequentare il club lo scorso inverno. Veniva solo per le crocchette, ma non si lasciava accarezzare. In primavera, la panza ha iniziato a crescerle e abbiamo capito che era in attesa. Poi per un paio di giorni è scomparsa, come fanno le gatte quando cercano un luogo sicuro per poter mettere al mondo i loro piccoli. Era il giorno della Liberazione, il 25 aprile, me lo ricordo bene perché stavo andando a trovare un amico in ospedale. L’ho vista sbucare dalla rete di un terreno incolto, dopo essersi infilata in un varco della recinzione. Aveva un minuscolo gattino in bocca. Ha attraversato la via, è saltata sul muro che delimita lo scivolo del garage e, infine, è atterrata sulla mia veranda. Ha compiuto lo stesso percorso altre due volte, per gli altri due cuccioli che aveva partorito. Erano bellissimi e li abbiamo ovviamente fotografati e postati in bacheca in ogni posa possibile, ben consci di poter incorrere nella commiserazione di chi odia i gattini su Facebook. Mi pareva strano che lei, che da noi non si lasciava avvicinare, ritenesse comunque l’uscio di casa un luogo sicuro per i suoi piccoli. Poi abbiamo capito come funzionava. La gatta, che abbiamo battezzato Mammina, aveva un sesto senso per il meteo più sviluppato del colonnello Bernacca: quando il cielo minacciava temporale, li portava al riparo, sotto il tetto della veranda. Quando tornava il bello, li trascinava di nuovo nel nascondiglio segreto, oltre la rete. L’andirivieni è proseguito per qualche settimana, anche quando i gattini erano ormai in grado di spostarsi da soli. Poi sono scomparsi, senza che si sia mai capito il perché. Mammina ha comunque proseguito a frequentare la casa. Fino ad una settimana fa, quando anche lei è misteriosamente scomparsa. Mia moglie ha aperto un’inchiesta, da cui è risultato che la gattina giaceva, ferita, nel terreno incolto oltre la famosa recinzione, una foresta di rovi praticamente impenetrabile. Ne abbiamo sentito il flebile miagolio per qualche minuto, quando l’abbiamo cercata, poi più nulla. Nessun lamento, nessun movimento. Dopo qualche giorno, nonostante altre perlustrazioni, ci siamo rassegnati al peggio. Infine, quando avevamo perso ogni speranza, Mammina è ricomparsa, una settimana dopo la sua sparizione. Tutta sghemba, trascinando le zampe posteriori, ma viva e miracolosamente in grado di reclamare le sue crocchette. Mia moglie, presa dall’entusiasmo, ha cercato di accarezzarla, finendo azzannata al dito medio della mano sinistra e poi al pronto soccorso, dove l’ho trasportata con una mano gonfia come un pallone. Ma la festa per la rediviva Mammina ha superato il dolore del morso.
Vedete, i gatti non producono nulla di materialmente utile. Non fanno la guardia, non li puoi macellare e farli arrosto, quando sono abituati al mangime non cercano manco più i topi. Io spendo centinaia di euro ogni anno in crocchette, scatolame e veterinari.
Però a me serve averli sotto gli occhi, per ricordare che al mondo c’è altra vita, oltre quella umana, e che la nostra è solo una piccola parte della complessità del creato. Non ci siamo solo noi, con la nostra presunzione che il resto sia solo un dettaglio da assoggettare ai nostri comodi. Ci sono anche loro e io alle vicende dei miei gatti finisco con l’appassionarmi: ognuno ha il suo carattere, le sue reazioni, le sue preferenze. E così la prima azione del giorno – all’alba, prima ancora di mettere su il caffè – è servire loro la colazione, divisa tra ciotole e piatti di plastica sparsi per il cortile. Non ne avrò nulla di tangibile in cambio, ma penso che dar qualcosa in cambio di nulla sia il meglio di un essere umano. Era tanto che volevo dirlo a chi considera quelli come me dei decerebrati, che invece di pensare a salvare il mondo postano foto di gattini su Facebook. Siete delle brutte persone.
Nato nel 1971 ad Arzachena ed ivi smisuratamente ingrassato negli anni seguenti, figlio di camionista e casalinga. Titoli appesi alle pareti: laurea in Lettere moderne all'Università di Sassari, iscrizione all'albo dei giornalisti professionisti, guida nazionale di mountain bike, presidente della Asd Smeraldabike, direttore della testata Sardegnablogger. È stato redattore di tre diversi quotidiani sardi: dal primo è stato licenziato, gli altri due sono falliti. Nel novembre del 2014 è uscito il suo primo e-book "Cosa conta".
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