Non è facile stare dalla parte di Caino. Non lo è mai stato. Anche se certi personaggi cattivi si amano poi, a conti fatti, si sceglie di stare dall’altra parte. Quella dei buoni. Perché è decisamente più semplice. Nessuno fa mai le domande per tutti quelli che sono dalla parte giusta. Martina Levato sta, invece, dalla parte sbagliata. Decisamente. Una che butta l’acido in faccia agli esseri umani da che parte può stare? Ed è giusto che paghi. Giustissimo. Sgombriamo subito il campo da facili strumentazioni: quella donna, per quanto madre, per quanto abbia la voglia naturale di abbracciare il figlio, ha sbagliato. Non ci sono scusanti e neppure ricette buoniste. Ci sono le Leggi e vanno applicate. E c’è l’etica del rispetto che Martina e il suo uomo non hanno neppure capito da che parte si trovi. Noi stiamo dalla parte del ragazzo sfregiato. Ci mancherebbe. Però. Lo saremo per sempre? Perché questo è il punto. Da una parte esiste la certezza della pena per Martina e il suo uomo e dall’altra dovremmo garantire ad entrambi un percorso, per quanto difficile, per quando lungo e per quanto doloroso, quel cammino deve essere riparatore e non basato sul perdono. Dio, per dire, non si è messo dalla parte di Caino. Ed era Dio. Ma non l’ha ucciso. Anzi, gli ha permesso addirittura di procreare, di costruire alberi marci, cattivi. Certo che come la metti la metti questa storia di Caino non è semplice. Perché dovremmo scommettere su Caino, perché dovremmo pensare che Martina Levato, quella che con l’acido ha rovinato un ragazzo, possa poter abbracciare il proprio figlio? Perché, laicamente e razionalmente uno Stato non si vendica. Uno Stato di diritto, almeno. Che significa? Che dovremmo permettere alla Levato di tenersi il figlio, di stare in una struttura protetta, di non fare la galera? Non è facile stare dalla parte di Caino. Comporta sempre dover spiegare e provare ad analizzare il male. Che non è facilmente analizzabile. Non ci sono ricette e non ci sono soluzioni. Stare da quella parte, in quel nero scuro, in quel buio della ragione, significa cominciare a soffermarsi, adattarsi a quel buio e provare a cercare una luce. Perché di questo ha bisogno il Caino di turno. Di qualcuno e di qualcosa che gli spieghi il buio. Non è semplice. Ma qualcuno, dalla parte di Caino ci deve pur stare.
Nato a Oristano. padre gallurese, madre loguderse, ha vissuto ad Alghero, sposato a Castelsardo e vive a Cagliari. Praticamente un sardo DOC. Scrive romanzi, canta, legge, pittura, pasticcia e ascolta. Per colpa del suo mestiere scommette sugli ultimi (detenuti, soprattutto) e qualche volta ci azzecca. Continua a costruire grandi progetti che non si concretizzano perché quando arriva davanti al mare si ferma. Per osservarlo ed amarlo.
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