Di Giovanni Cubeddu
Si parte dubbiosi, si criticano le convocazioni, lo schema di gioco, si perdono le amichevoli con la Svizzera (chissà perché sempre con loro), non piace la nuova maglia, la nuova divisa, i soldi che si spendono per la delegazione, per portarsi dietro le “mogli veline”, per i budget dei premi partita.
Insomma si parte che si è già perso. Però se ne parla. Tanto. Anche chi di pallone “non ne sa”, la sua la dice. E le partite molti, dichiarano, non le vedranno. Ma poi il giorno della prima partita, in genere contro il Camerun o il Liechtenstein, c’è già nell’aria una febbre leggera, che pochi riescono ad ignorare. E allora via là, un’occhiatina alla tele, magari con indifferenza dalla vetrina di un bar, nel centro commerciale facendo finta di apprezzare le caratteristiche tecniche dei TV di ultima generazione in esposizione, quasi nessuno riesce ad evitarla. Di norma la prima finisce zero a zero, un punto, certo col Camerun… Però un punto è un punto. E allora giù calcoli e statistiche di probabilità. La febbre sale. In fondo ci basta un altro pareggio con la Grecia (vuoi che non pareggiamo con la Grecia, via!) e poi quei tre punti col Liechtenstein, facili. E passiamo. Coi brividi, come sempre. Ma passiamo. E siamo la. E da quel giorno nell’aria c’è anche più odore di estate, qualcuno azzarda e mette una bandiera sul balcone, si organizzano timidamente gruppetti di amici e parenti per vedere la partita in tv. Le birre Peroni, la Coca Cola per i ragazzini, le patatine. E anche Maria, che di calcio non capisce niente e avrebbe preferito la replica di quel filmone americano sul secondo canale, prepara una torta salata per l’occasione mentre guarda il marito ed il resto della banda convenuta, rigorosamente in pantaloncini e ciabatte, che sistemano scaramanticamente le sedie davanti al 40 pollici. Ha un po’ di “febbre” anche lei, Maria. Maria che di calcio non capisce niente, ma la partita la guarderà, di sbieco,dalla cucina. Ecco. Questo penso mentre esco dalla Metro a Rho Fiera, anzi a Rho Fiera EXPO. EXPO lo hanno aggiunto dopo, su tutti i cartelli della Stazione. Un adesivo tutto colorato, appiccicato dritto, lucido. Questo penso mentre mi avvio sulla rampa ampia ed affollata della PEF (Passerella Expo Fiera). Un braccio bianco contestatissimo che unisce la Metro e la Stazione al Polo di Expo. Un intreccio avveniristico di tubi e bulloni, tutto verniciato di bianco col suo pavimento largo di vernice grigia e blu. Sembra di salire su una nave, c’è odore di nave, e quell’odore a me emoziona sempre un po’. Soffermo lo sguardo per un attimo, quasi inconsciamente, su quei grossi bulloni, sembrano tutti avvitati bene … Sono le 7 di sera, la passerella è piena. Si paga solo 5 euro per un ingresso serale, una sbirciatina, fino alle 11.00. Per capire com’è. Un’occhiata “dalla vetrina del bar”. Faccio la mia coda ai tornelli, ci sono schermi a led verdi che ti indicano le entrate, personale in divisa, hostess. E i controlli. Come al check_in. Raccolgo cellulare, monete e cintura dalla vaschetta e sono pronto. Mi avvio verso il “Decumano”, un viale di tartan rosso e blu che si perde verso l’orizzonte, sovrastato da un susseguirsi di vele incrociate che fungono da riparo per la pioggia, di stasera, e per il sole, di domani. C’è brusio. Luci e gruppi ordinati che si muovono. Capannelli di steward e hostess con le pettorine che distribuiscono indicazioni e brochure. Sorridono gentili. Sono i ragazzi “precari” di Adecco e Manpower, quelli che, per i loro coetanei incappucciati di nero, sono vittime del Sistema. Loro però sorridono. Guardo dall’esterno (è solo un assaggio) il susseguirsi dei padiglioni, delle luci, degli odori, dei cartelli con le intenzioni, le frasi, le dichiarazioni, le foto. E’ tutto pulito, ordinato. Ad ogni passo cestini per la differenziata, schermi interattivi, posti per la sosta, wi fi, tavoli. Un addetto alle pulizie raccoglie con una grossa pinza allungata una piccolo ritaglio di carta scivolato dalla tasca di qualcuno, forse uno scontrino. Lo fa con attenzione, sta li un po ma poi ci riesce. Vince la sua battaglia col mondo e la strada torna perfetta. Come in Svizzera.Già, la Svizzera. Che ci ha battuto in amichevole, come sempre, prima che il Mondiale iniziasse. Sono già le 9 di sera, mentre penso alla Svizzera. Sono davanti al Padiglione Italia. C’è. Finito. E sento una “febbre” leggera. Come Maria. In questa serata calda e umida di maggio, in queste poche ore di assaggio, guardo questa partita “di sbieco, dalla cucina”… E siamo qua. Contro le previsioni, le statistiche, le cabale. Contro le risatine degli Svizzeri. Guardo l’intreccio bianco avveniristico che ricopre il Padiglione. E sorrido. Entro a vedere la “partita”. Abbiamo passato il turno. All’italiana. Ma siamo qua. E ho deciso che ritorno. Mi siedo e la partita la vedo tutta. Alè Italia. Buon Expò a tutti.
Nonostante tutto.
Giovanni Cubeddu
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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