Voi pensate che il vostro 25 aprile si sia esaurito come un temino a scuola, che il vostro partecipare alle lunghe sfilate nelle vie delle più importanti città vi abbia dato la patente per dichiararvi antifascisti, figli, nipoti, semplici conoscenti di chi ha fatto una scelta di vita dedicata al vostro futuro. Ieri vi ho guardato, osservato, fotografato, letto, in tutte le vostre innumerevoli declinazioni. Fatti salvi quelli che veramente ancora ci credono ho assistito a una sfilata di moda, una passerella di comodo di fasce tricolore, di fasci tricologici che cercavano in ogni modo di trovare un nuovo, o reiterato palcoscenico per le imminenti amministrative. O per una via di scampo da critiche perduranti. Come se un giorno bastasse a lavare l’ignoranza, nel senso treccaniano del termine, del lavoro svolto da persone che a tutto hanno pensato a quel tempo tranne che al proprio lavoro. Per arrivare a concepire uno Stato, una Nazione che avesse come primo punto della Lista il Lavoro. Paradossale, no? L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Quanti e quante sono morte per arrivare a questo articolo? E quanto importa a chi ieri, 25 aprile, è andato a farsi immortalare deponendo corone d’alloro? Quanto importa a chi è assessore, consigliere, deputato, senatore, il lavoro, il servizio reso dai padri della patria, dalle staffette in bicicletta postate sui loro stati su Facebook? Per loro magari è oggi, e dacci oggi il nostro partigiano quotidiano, ricordarci che il nonno, zio, trisavolo, è una foto utile per i social. Non sarà più il 25 aprile, ma intanto hanno conquistato i loro like, che torneranno utili da qui a poco tempo. Nei prossimi giorni li incontrerò di nuovo di fronte al centro estetico, alla agenzia di viaggi per prenotare una rilassante vacanza dallo stress della politica quotidiana, quella del dover spiegare alle famiglie che no, lavoro non c’è, non ora, magari dopo le elezioni, se vuoi ti accompagno io al seggio, così siamo sicuri che voti quello giusto, e poi magari ne riparliamo, ma adesso no, non fa, ora son troppo stressato/a perché non si può più andare a Sharm, in Tunisia, a Parigi, perché ci son troppi rischi. Dopo il 25 aprile saranno di nuovo di fronte ai loro attici, ai loro openspace, ai loro stabili da affittare a prezzi non trattabili. Dopo il 25 aprile dovranno pensare alle nuove startup, ai loro affari, al loro “lavoro” politico. Chè l’articolo 1 è solo uno della lista, che forse magari si cambia, come il 9. L’importante è che ogni 25 aprile che Dio manda in terra ci dia il nostro partigiano quotidiano.
In questa categoria sono riuniti una serie di autori che, pur non facendo parte della redazione di Sardegna blogger collaborano, inviandoci i loro pezzi, che trovate sia sotto questa voce che sotto le altre categorie. I contributi sono molti e tutti selezionati dalla redazione e gli autori sono tutti molto, ma molto bravi.
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Da San Gavino a San Cristoforo, quando colonizzammo il Villaggio Verde. Ovvero il trasloco (di Sergio Carta)
Se riesco a buscare 5000 Lire ci vediamo allo Zoom, ovvero le pomeridiane in discoteca degli anni’80. (di Sergio Carta)
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