Mentre l’Italia tutta si specializza in curriculumlogia, dove si discute se sia più grave aggiungere un perfezionamento o taroccare direttamente una laurea, io sono qui a rileggere il mio di CV Tre pagine in formato europeo tra dati anagrafici, formazione, esperienze lavorative e competenze. Una foto dove non sono eccessivamente seria così come richiede un più burocratico documento d’identità, alcune voci in inglese che capite bene, sono dei messaggi che inviamo per far capire che non siamo manco gli ultimi degli sfigati che quei termini li conosciamo anche noi.
Tre pagine, una in più di Obama da quel che ho letto. Segno che la personalità non si ricava dalla somma di quelle voci. Saranno troppe?
“Lei ha troppa esperienza” mi sono sentita dire tante volte. Che ancora faccio fatica a capire il vero senso. È una scusa come “ti amo troppo per questo ti lascio” oppure “sei troppo per me, non ti merito”?
Perché poi il problema era questo, uscivi fresca di studi e si richiedeva già l’esperienza, quando poi te la facevi, o eri già troppo grande/vecchia/decomposta, oppure se ne uscivano con “lei ha troppa esperienza”
Allora che fai? Togli qualcosa da quelle pagine. Una volta un amico mi disse “che importa a un datore che ti assume per tagliare gli affettati se hai studiato il giapponese?” Se dovessi rispondere potrei immaginare che potrebbe arrivare un cliente giapponese e chiedere di tagliare il prosciutto a mano e non rischi di fraintendere i suoi gesti che magari lo scambi pure per un samurai che ti vuole mozzare la testa. Capisco anche che ci voglia sintesi soprattutto in questo mondo che va tutto in fretta in fretta, vitte vitte, come on quickly e leggere troppe esperienze in troppi curriculum (ma che davero li leggete?), possa essere una perdita di tempo.
Però io a quei lavori, anche se poi non c’entrano apparentemente nulla con la strada che ho intrapreso, ci sono affezionata. E siamo sicuri che non siano importanti? Che qualsiasi attività non abbia influito sulle competenze?
Ad esempio. Parliamo del mio lavoro di commessa a Firenze in un negozio di intimo e pigiameria Interpersonal skill: sapersi relazionare coi clienti è importante, saper dire quello che vogliono sentirsi dire “noooo signora il nostro cotone non ritira a lavarlo”. Oppure a quella che esclamava “Ma questo pigiama è troooppo grande”, rispondevi “Sì ma un po’ ritira a lavarlo” Insomma sapevi dire le parole giuste al momento giusto.
Ability to self control: come quella volta in cui entrò una comitiva sarda e acquistò una montagna di slip per bambini da regalare a nipoti vari rimasti in Sardegna. Essendo dei regali, andavano impacchettati. Così uno per uno, iniziai a confezionarli. Non gradendo evidentemente i tempi richiesti per tutti quei regalucci, la signora sussurrò all’amica “Custa es pighende a s’anima” (questa sta prendendo all’anima). Finii il mio lavoro e loro, sentendosi evidentemente sollevati per la fine dell’attesa, entrarono in modalità socializzante con vocabolario italiano. “Firenze è bellissima, lei è fortunata a esser di qui” “No no, io vivo qui ma son sarda” Avvertii quel gelido imbarazzo che avvolge ogni gaffe “Ah ma pensi, ma c’è da tanto qui perché dalla parlata non sembra sarda, ormai avrà dimenticato eh?” “No signora, lo capisco ancora benissimo”
Multitasking: ora è passato un po’ di moda ma servire contemporaneamente più persone mentre varcavano la soglia del negozio le famigerate gemelle, due mariuole segnalate col tam-tam tra le varie commesse della via, riconoscibili per quei borsoni portati a tracolla dove ci infilavano di tutto appena volgevi lo sguardo altrove, ti costringeva a farti crescere degli occhi di riserva.
Familiarità col database mangement: ovvero come organizzare il magazzino sul retro del negozio, suddividendo i capi (uomo, donna, bimbo e bimba) per modelli e taglie sugli scaffali. Il tutto ben organizzato per permettere il riassortimento in negozio e ripescare velocemente il modello mancante senza assentarti troppo dal negozio perché magari in quel momento entravano le famigerate twins.
Orientamento al cliente: il cliente ha sempre ragione e quando chiede “Cercavo pigiami da uomo, donna ma anche modelli bisex”, tu devi accontentarla.
Conoscenza inglese B1. Livello europeo che indica: Comprende i punti chiave di argomenti familiari che riguardano la scuola, il tempo libero ecc. Sa muoversi con disinvoltura in situazioni che possono verificarsi mentre viaggia nel Paese di cui parla la lingua. È in grado di produrre un testo semplice relativo ad argomenti che siano familiari o di interesse personale. È in grado di esprimere esperienze e avvenimenti, sogni, speranze e ambizioni, e anche di spiegare brevemente le ragioni delle sue opinioni e dei suoi progetti mbè ci siamo. Come la volta in cui la cliente straniera chiese se la taglia potesse andar bene per una persona very fat. – Yes, it’s perfect – la rassicuro – Sure? – mi chiede lei -Surissima! – rispondo io
E per concludere la famosa capacità di problem solving, quella che anche nella criticità, ti permette di trovare l’appiglio per venire fuori. Un salvagente fatto di autocontrollo e organizzazione mentale. Quale occasione migliore del giorno di San Silvestro, quando in via de’ Cerretani a un semaforo provvisorio piazzato proprio di fronte al negozio, un’auto non riuscì a frenare in tempo tamponando così la macchina già ferma dei Carabinieri che a loro volta andarono a finire contro una volante della Polizia? A quell’uomo incredulo che continuava a rimanere seduto ostinatamente dentro la vettura mentre le forze dell’ordine creavano un girotondo attorno a lui, io e la mia collega volemmo fargli un regalo: la shopping-bag che in quel periodo regalavamo ai clienti. Quella borsa con su scritto “I’m so Lucky”
Sparo pixel alla rinfusa, del resto sono nata sotto un palindromo (17-1-71), non potevo che essere tutto e il contrario di tutto. Su una cosa però non mi contraddico «Quando mangio, bevo acqua. Quando bevo, bevo vino» (cit. un alpino)
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